75 Responses

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    jackallo at |

    L’articolo “Defining Cyberterrorism: Capturing a Broad Range of Activities in Cyberspace” è molto interessante nell’impostazione dell’analisi del fenomeno, ma, a mio avviso, incompleto nella sua definizione.
    L’autore, infatti, lo definisce come:
    Cyberterrorism is the use of cyber capabilities to conduct enabling, disruptive, and destructive militant operations in cyberspace to create and exploit fear through violence or the threat of violence in the pursuit of political change“.
    Così come definito, però, difficilmente si riescono a cogliere le differenze tra il cyber-terrorismo e un atto di cyber-warfare. Manca, ad esempio, uno degli elementi attualmente caratterizzanti il terrorismo, ovvero l’essere di matrice “non-State actor”.
    Io continuo a preferire la definizione che potrebbe scaturire dal seguente passaggio:
    Highly damaging computer-based attacks or threats of attack by non-state actors against information systems when conducted to intimidate or coerce governments or societies in pursuit of goals that are political or social. It is the convergence of terrorism with cyberspace, where cyberspace becomes the means of conducting the terrorist act. Rather than committing acts of violence against persons or physical property, the cyberterrorist commits acts of destruction or disruption against digital property“.
    Denning, D. “A view of cyberterrorism five years later”, in K. Himma, Ed., “Internet Security: Hacking, Counterhacking, and Society” (Jones and Bartlett Publishers, Sudbury, MA, 2006), 124.
    Che ne pensate?

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      AllegraBrigata at |

      Ciao Jack. Secondo me sono entrambe valide. Nella prima non si esplicita che il soggetto deve essere un attore non-statuale ma si sottolinea la “paura” cui mira l’atto di cyberterrorism.

      D.

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      barry lyndon at |

      Caro jack,

      anche io, tra le 2 definizioni, reputo la seconda più completa.

      Però, per dirla tutta, tenderei ad annoverare il cyber-terrorism nell’alveo del cyber-warfare.
      In che senso? Per me il cyber-warfare è una “macro categoria” che include anche il cyber-terrorism ;).

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        AllegraBrigata at |

        Per me il cyber-warfare è una “macro categoria” che include anche il cyber-terrorism

        Giusto Barry.

        D.

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      Giovanni Nacci at |

      La raccolta copre un periodo ampio, da giugno ad ottobre, perciò possono essere eseguite anche cinque raccolte. Gli indici di maturazione sono: il grado rifrattometrico, la resistenza della polpa (misurata col penetrometro), il rapporto solidi solubili/acidità totale, infine la variazione del colore di fondo della buccia.

      La prima raccolta è sempre la migliore, mentre la terza dà frutti di seconda qualità.

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        AllegraBrigata at |

        Giovanni mi sono perso…

        Andrea

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          Giovanni Nacci at |

          Perdonami Andrea carissimo, era per fare un po’ di ilarità su questa cosa della giustapposizione di “cyber” davanti a tutto 😀
          E un po’ anche per ridere sullo strumento (cibernetico?) del “penetrometro” applicato al frutto prodotto dal tipo di albero che esce fuori googlando il testo che ho riportato nel post 😉
          Vabè, torno un attimo serio (con grande difficoltà, ma ci provo).
          Sapete un po’ tutti ormai come la penso perciò è inutile che vi annoi di nuovo. Però vi vorrei proporre un esperimento e lo faccio – so che lui mi perdonerà (dopo un po’ di tempo… 😀 ) con la frase del nostrum Barry. La riporto prima per intero:
          “Però, per dirla tutta, tenderei ad annoverare il cyber-terrorism nell’alveo del cyber-warfare. In che senso? Per me il cyber-warfare è una “macro categoria” che include anche il cyber-terrorism.
          Ora tolgo i “cyber”:
          “Però, per dirla tutta, tenderei ad annoverare il terrorism nell’alveo del warfare. In che senso? Per me il warfare è una “macro categoria” che include anche il terrorism.
          Ora tolgo i concetti meno informativi
          “tenderei ad annoverare il terrorism nell’alveo del warfare. Il warfare è una “macro categoria” che include anche il terrorism.
          Le macrocategorie contengono – in linea di massima – categorie e le categorie contengono, sempre in linea di massima, istanze del tipo assimilabile a quella categoria (macrocategoria: viventi – categoria: esseri umani – istanza di esseri umani: STV Giovanni).
          Ora proseguiamo, come si dice, per ipotesi.
          Nel caso specifico se warfare è macrocategoria e terrorism è categoria, allora è necessario identificare delle “istanze” di terrorism. Qui voi siete certamente più esperti di me ma, ad esempio, si potrebbe dire (spero di non sbagliare…) che eco-terrorsim è una istanza di terrorism, così come potrebbe esserlo cyber-terrorism.
          Quindi cyberterrorism sarebbe certamente incluso in warfare.
          Ipotizziamo ora che in warfare (macrocategoria) è presente ANCHE una sottocategoria cyberwarfare e che in questa categoria è compresa l’istanza cyber-terrorism. Nel caso specifico cyber-terrorism sarebbe inclusa in warfare ma NON in terrorism. Quindi il cyber-terrorism NON sarebbe un terrorism. E questo ovviamente non ci soddisfa.
          D’altra parte possiamo anche inventarci una sorta di “categoria universale” che comprenda le macrocategorie warfare e cyberwarfare all’interno delle quali risulterebbero rispettivamente le istanze terrorism e cyberterrorism. Categorie che – giocoforza – non dovrebbero mai… compenetrarsi. E anche questo, ovviamente, non ci soddisfa (il concetto, non la compenetrazione in quanto tale… 😛 😀 ).
          La chiave di volta di questo discorso, ovvero l’uovo di colombo, è che i confini delle cose e dei concetti sono – nella realtà –  molto più sfumati. Diciamo, ecco, che si “compenetrano” 😉 E’ vero, è proprio così. Come fare allora?
          Ci vorrebbe quindi uno strumento di misurazione – un penetrometro, come dicevo nel post sopra – di questo livello (ontologico) di… promiscuità concettuale.
          Ma la cosa interessante è che dovendo per forza di cose arrivare ad una formalizzazione generalizzante (questo è quello che fa una “definizione”…)
          Per arrivare a questa cavolo di generalizzazione partendo da un atto invece di specializzazione (la giustapposizione del termine cyber ad altre parole/concetti che già hanno un carico semantico definito in uno o più contesti) occorre analizzare quando, quanto, cosa ed in che modo questa specializzazione apporta al concetto originario.
          Se si tralascia questa fase, ci si ritroverà sempre con definizioni lacunose e insoddisfacenti, che bisognrà per forza di cose “mergiare” (mamma mia che brutto termine che ho coniato…) e che si incapsuleranno una nell’altra come delle matrioske. E si finirà pernon sapere mai se è nato prima l’uovo o la… matrioska.
          Il mio parere è che cyber non aggiunga nulla ai concetti che gli si avvicinano (war, terrorism, ecc.). Qualcuno di buon cuore – e di buona volontà – dovrebbe provare a fare la stessa cosa con “info”, per vedere che succede…
           
          My 5 cent…

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            Giovanni Nacci at |

            (perdonate gli errori, gli strafalcioni e i refusi… :( )

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    jackallo at |

    Sono assolutamente d’accordo con te, Barry. Evidenziavo “l’elmento distintivo”, proprio perchè non si sovrapponessero completamente.
     
    Direi, allora, di provare a fare un merging delle due, Davide.. 😉

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    Linus at |

    Più che un rapporto a matrioska :), secondo me i due concetti giacciono lungo un continuum fattuale. Come direbbe l’Stv Nacci, ontologicamente sono la stessa cosa: un bombardamento è sempre un bombardamento. Solo che se è warfare ci troviamo nell’alveo della legittimità e legalità, nel secondo no. La seconda definizione, restringendo il campo ai non-state actors, la trovo particolarmente pericolosa.

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      Giovanni Nacci at |

      Forse mi sono espresso male io… 😀
      L’esempio della “matrioska” era tra warfare e cyberwarfare (ovvero tra terrorism e cyberterrorism) non tra warfare e terrorism (o quindi rispettivamente cyberwarfare e cyberterrorism)…
      Chiedo venia :)

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    Linus at |

    Silendo, secondo me è corretta solo apparentemente, o meglio, superficialmente. In realtà confliggono, giuridicamente e politicamente. Se un atto è terroristico non è più un atto di guerra (legittimo). 

    Se nell’insiema A ci sono i cittadini percettori di reddito e fiscalmente onesti e nell’insieme B ci sono i cittadini percettori di reddito e non fiscalmente onesti, l’insieme B non è includibile nell’insieme A, a prezzo di trarre delle gravide conseguenze etiche, giuridiche e politiche.

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    Linus at |

    Però warfare fa parte della dottrina militare, no? Cioè deve essere riconducibile all’hard power statale in quelle forme regolate che chiamiamo conflitto? 
    Lo straordinario attacco all’Estonia di qualche anni fa è un atto di cyberterrorismo o cyberwar? Ammesso che la matrice fosse effettivamente russa, intimidire, direi mafiosamente, uno stato sovrano confinante come lo definiremmo? Secondo me, la bilancia pende più per il primo termine.
    E poi, soprattutto, vorrei delucidazioni su “uno degli elementi attualmente caratterizzanti il terrorismo, ovvero l’essere di matrice “non-State actor”.
     :)

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      barry lyndon at |

      Straordinario attacco?? Linus, guarda che la portata dell’evento è stata ampiamente pompata dal punto di vista mediatico 😉

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    jackallo at |

    Warfare = Military operations marked by a specific characteristic.
    Mi sembra una buona definizione. Quindi, un “metodo di conduzione di un’operazione militare”. Come la vedi, Silendo?
    Anche se qui dentro il Re della glossa è Giovanni… 😉

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      Giovanni Nacci at |

      A parte che al limite sarei il Re della glAssa Sacher, nello specifico 😛 ) ad ogni modo… giacché mi hai chiamato in causa esplicitamente sapendo che il mio ego mi avrebbe impedito di far finta di niente… intervengo 😀

      E lo faccio servendomi di  MultiWordNet. Carichiamo la pagina web di MultiWordNet, scegliamo la lingua inglese e nell’apposito campo scriviamo “warfare” e diamo invio.

      Quel che ci appare sono due “sensi” del termine che, riassumendo, sono:
      1. war, warfare — (History, Military) the waging of armed conflict against an enemy; “thousands of people were killed in the war”
         ->  military_action, action — (Military) a military engagement; “he saw action in Korea”
            ->  group_action — (Factotum) action taken by a group of people
               ->  act, human_action, human_activity — (Factotum) something that people do or cause to happen
       
      2. war, warfare — (Factotum) an active struggle between competing entities; “a price war”; “a war of wits”; “diplomatic warfare”
         ->  conflict, struggle, battle — (Factotum) an open clash between two opposing groups (or individuals); “the harder the conflict the more glorious the triumph”–Thomas Paine; “police tried to control the battle between the pro- and anti-abortion mobs”
            ->  group_action — (Factotum) action taken by a group of people
               ->  act, human_action, human_activity — (Factotum) something that people do or cause to happen
       Il primo “sense” si riferisce ad un contesto eminentemente bellico, militare, i soggetti in gioco sono considerati enemy nel senso proprio del termine e la parte “performativa” della frase (nel senso in cui Austin intende la cosa, ossia la parte del testo che non descrive una cosa ma la crea, insieme alle sue conseguenze sociali, es.: “ti dichiaro guerra ad oltranza“, “io ti sposo” ecc.) si esplica nella “conduzione” (waging). Nel secondo il contesto di riferimento è largamente demilitarizzato 😛 ed il perfomativo è più blando: “to struggle…”.

      Senza andare troppo per le lunghe direi che warfare è un concetto più attinente ad un comportamento che ad uno stato (nel senso di condizione), mentre il concetto di war è più “stabile” e “strutturato” di warfare, attinente ad una condizione all’interno della quale può o meno verificarsi una condizione di warfare
       
      Quindi penso di essere d’accordo col Vate quando dice che il terrorismo è un tipo di warfare 😉 😛

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    barry lyndon at |

    😀 😀 😀 😀

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    jackallo at |

    Benissimo. Vediamo di arrivare ad un punto (più o meno) certo.
     
    Da quello che ci siamo detti finora, discende che warfare può essere definito come:
    A conflict between competing entities marked by a specific characteristic
    In italiano suona più o meno come:
    Un conflitto tra soggetti contrapposti contraddistinto da specifiche caratteristiche
     
    Bene. Proviamo adesso a dare un senso a quel “contraddistinto da specifiche caratteristiche“, aggiungedone una a caso… che so, CYBER..! (tanto lo sapevate che sarei arrivato a parlare di c-mf……..)
    Una definizione in italiano di cyber-warfare, allora, potrebbe essere:
    Un conflitto tra soggetti contrapposti caratterizzato principalmente(?) dall’utilizzo di tecnologie informatiche e telematiche
    Come suona?
     
    L’unica altra definizione di cyber-warfare in italiano che ho trovato è quella di Stefano Mele, che, nella nota 32 del paper “Cyber-weapons: aspetti giuridici e strategici“, li definisce come:
    Quegli atti aventi come obiettivo la violazione non autorizzata da parte di, per conto di, oppure in sostegno a, un Governo nel computer di un altro Paese, nella sua rete o in qualsiasi altra attività interessata da un sistema informatico, al fine di aggiungere, modificare o falsificare i dati, ovvero causare l’interruzione o il danneggiamento, anche temporaneo, di uno o più computer, di uno o più dispositivi di rete, ovvero di qualsiasi altro oggetto controllato da un sistema informatico
    Tutta un’altra impostazione, quindi.
     
    Che ne dite? Commenti in merito?

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      barry lyndon at |

      Jack, secondo me è fuorviante collegare il concetto di warfare esclusivamente a soggetti statuali.

      Oggi, tenuto conto dell’evoluzione dell’ordinamento giuridico internazionale, vi sono altre entità che esercitano legittimamente l’uso della forza, e, quindi, hanno capacità e svolgono attività di warfare: le organizzazioni internazionali.

      Inoltre, il progresso delle nuove tecnologie ed il mutamento degli equilibri su scala globale, ha consentito ad entità non aventi soggettività giuridica internazionale di dotarsi di proprie capacità di warfare: gruppi terroristici, insurgents, organizzazioni criminali internazionali, gruppi finanziari, etc.. Qui si entra nel campo delle “guerre di quarta generazione”, del “confronto asimmetrico” e del c.d “unconventional warfare”. Ovviamente, limitandoci alla chiave di lettura prettamente giuridica, in questo caso ci troviamo, in linea di massima, di fronte ad un impiego non legittimo della forza, e, quindi, di warfare.

      In sintesi, avendo perso il monopolio dell’uso della forza su scala regionale/globale, lo Stato non è più l’unico soggetto dotato di capacità di warfare e/o coinvolto in attività di warfare.

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        jackallo at |

        Hai ragione, Barry. Sono d’accordissimo con la tua osservazione.
        Vedi un po’ se ti piace quella di cui stiamo discutendo più sotto… :)

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          AllegraBrigata at |

          Abbiamo organizzato un brainstorming virtuale? 😀 😀 😀

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        Stefano at |

        Ciao a tutti.
        Anzitutto ringrazio “jackallo” per aver riportato la mia proposta di definizione legale di cyber-warfare (tra l’altro anche con scientifica precisione!) e “Barry Lyndon” per il conseguente commento.
        Mi complimento, inoltre, anche per la definizione strategica che state dando di cyber-warfare. Non è assolutamente facile trovare un punto di sintesi tra vari mondi, ma a quanto pare ci state riuscendo benissimo ed è davvero molto interessante leggere il vostro dibattito.
        Peccato che da un punto di vista legale questa impostazione non possa andar bene, dato che l’esigenza di certezza del diritto e delle condotte poste in essere dai soggetti agenti, che costantemente “aleggia” misticamente nel settore giuridico, impone definizioni contemporaneamente stringenti e omnicomprensive (cosa enormemente difficile).. e magari anche brevi.. :)
         
        Passando al commento di Barry Lyndon, che credo sia rivolto alla mia definizione, effettivamente non credo di essermi concentrato esclusivamente sugli attori statali.
        Infatti, l’incipit della definizione dice: “Quegli atti aventi come obiettivo la violazione non autorizzata da parte di, per conto di, oppure in sostegno a, un Governo nel computer di un altro Paese, nella sua rete […]”.
        Ovvero, scomponenso il periodo, sarebbe:
        Quegli atti aventi come obiettivo la violazione non autorizzata

        da parte di un Governo nel computer di un altro Paese, nella sua rete […]
        per conto di un Governo nel computer di un altro Paese, nella sua rete […]
        oppure in sostegno a un Governo nel computer di un altro Paese, nella sua rete […] ecc.”.
         
        Credo di aver abbracciato un po’ tutti i casi. O sbaglio?
         
        Ovviamente sono apertissimo a dibattere con Voi anche su questa definizione.
        Un caro saluto a tutti e, ovviamente, uno speciale a Silendo.

         
        Stefano Mele

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          barry lyndon at |

          Ciao Stefano,

          anche scomponendola, la tua definizione continua a sembrarmi rivolta esclusivamente a soggetti statuali, che sono da te individuati come attori protagonisti coinvolti – direttamente o indirettamente – nelle attività di cyber-warfare.

          Invece, dal mio punto di vista, nelle attività di cyber-warfare (e più in generale quelle di warfare) possono essere coinvolti anche attori non aventi soggettività giuridica internazionale che NON agiscono necessariamente “per conto di, oppure in sostegno a un Governo” ma, al contrario, nel loro esclusivo interesse.

          Chissà cose ne pensa il grande Jack? :)

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            AllegraBrigata at |

            Ragazzi…mi sa che c’è troppo caldo dalle vostre parti :)
            :)

            T.

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              Linus at |

              Sai che più che il caldo, mi viene in mente il grande Pirandello 😛

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                AllegraBrigata at |

                😀 😀 😀

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            Giovanni Nacci at |

             
            Barry carissimo, credo che la definizione di Stefano Mele citata dal Jack nostrum sia da leggere in questo senso:
             
            con “da parte di un Governo nel computer di un altro Paese, nella sua rete […]”
             
            contempla un attore governativo che agisce nei confronti di un computer/rete/sistema ecc. collocati sul territorio di un altro Paese (quindi non per forza sistemi di proprietà del medesimo, ma anche di privati o imprese o infrastrutture critiche, ecc.)
             
             – con “per conto di un Governo nel computer di un altro Paese, nella sua rete […]”
             
            contempla un attore ANCHE non governativo che agisce nei confronti di un computer/rete/sistema ecc. collocato sul territorio di un altro Paese (quindi non per forza sistemi di proprietà del medesimo, ma anche di privati o imprese o infrastrutture critiche, ecc.) venendo incaricato dal governo di un altro Paese
             
             
            con “oppure in sostegno a un Governo nel computer di un altro Paese, nella sua rete […] ecc.”.
             
            contempla un attore ANCHE non governativo che agisce nei confronti di un computer/rete/sistema ecc. collocato sul territorio di un altro Paese (quindi non per forza sistemi di proprietà del medesimo, ma anche di privati o imprese o infrastrutture critiche, ecc.) che agisce di sua spontanea (più o meno… 😛 ) volontà
             
            Mi sembra quindi che siano contemplati attori governativi e non, statali e non, parastatali e dell’indotto 😛 che agiscono indipendentemente o meno e volontariamente o meno.
            Viene in sostanza escluso il “warfaggiare” :) di una qualche entità avverso attori situati nel suo STESSO paese, cosa che – se non vado errato – viene definita in modo diverso 😉

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              barry lyndon at |

              Giò, ripeto, in quella definizione mancano gli attori non statuali agenti per loro esclusivo interesse/vantaggio :) .

              Faccio un esempio:

              un gruppo finanziario, che pone in essere azioni, comportamenti, attività, etc. a nocumento di un soggetto statuale, unicamente per i propri scopi/interessi, e NON per conto e/o a sostegno di qualsivoglia Stato, è coinvolto in attività di warfare.

              Se tale gruppo finanziario, nel condurre questa “campagna di warfare”, impiega “sistemi tecnologici informativi” (ti garba la citazione? :-P), esprime capacità di cyber-warfare.

              Eppure non è uno Stato, non agisce per conto di uno Stato, non agisce a sostegno di uno Stato ;).

              Ho l’impressione che si tenda a confondere (o a far coincidere) il concetto di cyber-war (che attiene unicamente ai soggetti statali e/o alle alleanze fra stati) e quello di cyber-warfare (che, invece, è più ampio e racchiude, al suo interno, cyber-war, cyber-terrorism, cyber-crime, etc.).

              Ad ogni modo, il mio vuole essere solo un punto di vista, fondato su due elementi: ragionamento logico e significato comunemente associato al termine warfare (e conseguentemente al termine cyber-warfare).

              C’è un grande limite: spesso (purtroppo!) ci si trova a confrontare sul significato di termini che non appartengono alla nostra cara lingua e che non trovano corripsondenza perfetta nel nostro amato idioma :)

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              Giovanni Nacci at |

               
              Barry carissimo, ho capito che intendi.
              Ma non penso sia una questione di idiomi né – o non del tutto almeno – di corrispondenza tra i modi di esprimere i concetti tra le varie lingue (tutto sommato tra le anglofone e le latine al giorno d’oggi non dovrebbero esserci troppi problemi di… transumanze semantiche😀 ).
              In tutto quanto sopra però mi era sembrato che la questione centrale fosse un discorso sulla “natura” dell’attore (statale/non statale) e non tanto la sua intenzionalità o addirittura la natura del suo scopo/interesse e i motivi del suo agire e della sua scelta di agire (che immagino esuli dalle necessità di una definizione).
              Anche perché, proseguendo su questa linea di pensiero, bisognerebbe allora anche arrivare a definire l’eventualità che uno Stato conduca una campagna di cyberwarfare non per il suo specifico interesse ma nell’interesse di soggetti diversi da sé e da altri stati (può capitare… 😛 ).
               
               
              Come per il discorso della “interazione” nel warfare, allo stesso modo credo si possa tranquillamente sempre presupporre l’esistenza di un specifico, diretto e personale “interesse/vantaggio” (uno qualsiasi…) per chi pone in essere la campagna di warfare.
               
              Insomma io dico questo: considerato il fatto che – sulla base di quanto mi dice un carissimo nostro amico che se ne intende… 😛 – il concetto di “warfare” è già assai ben definito in dottrina strategica, nel definire il cyberwarfare non rimaga che concentrarsi sul cosa (e se, e quanto, e come, e perché, ecc..) il prefisso cyber – che si presuppone stia a rappresentare un’idea, un concetto, un significato, una prassi, qualcosa insomma… – apporti al concetto di warfare.
              In altre parole, il discorso che faccio io da sempre.
              Così teniamo anche la prua all’onda ed evitiamo di ingarbugliarci in considerazioni – pure sempre interessanti – che rischiano di portarci un po’ troppo lontano dall’obiettivo 😉
              Poi è ovvio che – a proposito di ingarbugliamenti :) – gli “azzecca garbugli” 😛 opereranno le loro ulteriori – e magari diverse – astrazioni sulla questione quando vanno a produrre definizioni che siano significative anche nel loro settore.
              Quel che sarebbe, a mio parere, estremamente interessante è mettere in qualche modo a sistema queste differenti (e valide) “visioni” in modo che ciò possa essere in qualche modo utile a tutti i vari “domini” 😉
               

              Reply
  9. avatar
    Giovanni Nacci at |

    Hummm… vediamo, per quanto riguarda la prima definizione:
    – eviterei di usare soggetti e preferirei entità (un warfare “cyberizzato” per quanto mi riguarda può anche essere posto in essere da agenti automatici);
    – eviterei di usare contrapposti e preferirei interagenti (un warfare potrebbe non prevedere “parti” dichiaratamente e/o ufficialmente contrapposte, ovvero: una delle due parti potrebbe non sapere di essere “contrapposta” all’altra);
    – eviterei tecnologie informatiche e telematiche e preferirei sistemi informatiVI tecnologici (ovviamente nella accezione corretta di sistema e di informativo…);
    Quindi verrebbe: “Un conflitto tra entità interagenti caratterizzato principalmente dall’utilizzo di sistemi informativi”.
    Con questa definizione si andrebbe a sottolineare:
    – la possibile, eventuale pluralità dell’origine (umana o tecnologica) degli agenti;
    – che gli agenti devono appartenere ad uno stesso sistema (quindi che vi sia interazione e pertanto feedback);
    – che il mezzo attraverso il quel si pone in essere il comportamento (warfare) è costitutito un pacchetto di risorse: fisiche (tecnologiche), metodologiche (anche algoritmiche, perchè no) e informative.
    Inoltre la definzione, per meglio definire 😛 , dovrebbe anche indicare lo scopo del comportamento (ovvero del conflitto) che si descrive. Io qui taglierei corto inserendo il sempre valido “al fine di raggiungere, mantenere o difendere una condizione – più o meno persistente – di vantaggio strategico*“.
    Siccome è la somma che fa il totale vien fuori: 
    Cyberwarfare: “Un conflitto tra entità interagenti caratterizzato principalmente dall’utilizzo di sistemi informativi tecnologici al fine di raggiungere, mantenere o difendere una condizione – più o meno persistente –  di vantaggio strategico“.
    Da notare che “entità interagente” può (dovrebbe…) essere tranquillamente sostituito da “inforgs” il che automaticamente posizionerebbe in coda “…all’interno della Infosfera o in una sua determinata partizione“.
     
    Cyberwarfare: “Un conflitto tra inforgs caratterizzato dall’utilizzo di sistemi informativi tecnologici al fine di raggiungere, mantenere o difendere una condizione – più o meno persistente –  di vantaggio strategico all’interno della Infosfera o in una sua determinata partizione“.
     
    Che ve ne pare? Nel caso dovesse piacervi, domando solo il riconoscimento della paternità intellettuale.
    Se invece non vi piace, ehm… vi prego, fate finta di niente! (ci rimarrei male…) 😛 😀
     
     
    * forse questo vale anche al livello tattico, ma qui è il Vate che deve illuminare :)
     

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  10. avatar
    jackallo at |

    Personalmente penso che sarebbe corretto aggiungere sia il vantaggio tattico (medio termine), che quello operativo (breve termine).
    Giovanni, facciamo che manteniamo questa versione:
    Un conflitto tra entità interagenti caratterizzato principalmente dall’utilizzo di sistemi informativi tecnologici al fine di raggiungere, mantenere o difendere una condizione – più o meno persistente –  di vantaggio strategico, tattico e/o operativo“.
    Eccellente, davvero. Mi piace moltissimo e mi sembra davvero completa.
    Perfetto, fai copia&incolla di tutto quello che hai già scritto, aggiusta qui e lì il ragionamento, mettici un titolo… e aspetto di leggerla sul tuo blog il prima possibile.


    Ci sarebbe da definire anche tutto il resto della materia. Che facciamo, andiao avanti..? 😉

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  11. avatar
    Linus at |

    datemi la definizione di conflitto 

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    1. avatar
      AllegraBrigata at |

      Caro Linus, eccola dal primo dizionario online che ho trovato:

      conflitto[con-flìt-to] s.m.
      1 Combattimento, scontro armato; estens. guerra
      2 fig. Opposizione, contrasto: c. di interessi; discordia: essere in c. con i genitori
      3 dir. Contrasto tra autorità politiche, giudiziarie o amministrative: c. giurisdizionale
      • sec. XIV

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  12. avatar
    Linus at |

    ok…definizione che racchiude alcuni fatti regolati dal diritto interno, altri dal diritto internazionale.

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  13. avatar
    B.A. at |

    http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFarticolo.asp?currentArticle=1JOTTQ

    E’ un articolo sulla Somalia …. se interessante spostatelo … in caso contrario cestinatelo .

    B.A.

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