18 Responses

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    barry lyndon at |

    Mi sembra che il buon Friedman non veda l’opzione militare contro l’Iran altamente probabile, perchè rileva una profonda crisi “dentro” Israele.

    Provo a sintetizzare le sue motivazioni (che sostanzialemte coincidono con quelle da me esposte qualche giorno fa su questi schermi 😀 ):

    – Israele non ha coesione politica interna (o non ha il livello di coesione necessario a supportare l’intervento);

    – alcuni alti esponenti dei suoi apparati di sicurezza e delle sue forze armate sono contrari all’opzione militare, perchè temono in un fallimento dell’intervento (sulla scorta degli interventi militari israeliani negli utlimi 30 anni: Libano, Gaza, etc.);

    – la situazione interna degli stati confinanti è instabile e potrebbe condurre a derive verso la radicalizzazione islamista (vedasi Egitto e Giordania, dove i Fratelli Musulmani hanno acquisito un peso particolarmente rilevante; vedasi Siria, caratterizzata da una guerra civile dagli esiti incerti); tale instabilità si riverbera (e potrebbe riverberarsi ancora più significativamente) sul livello di sicurezza dei confini israeliani;

    – le divergenze nella politica estera e nella vision strategica tra USA e Israele, con particolare riferimento all’aera del G.M.O..

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      AllegraBrigata at |

      Secondo me la parte più interessante è quella nella quale Friedman evidenzia il cambiamento del contesto strategico medio-orientale e le conseguenti difficoltà israeliane.

      R.

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    barry lyndon at |

    Friedman sostiene che le recenti epurazioni operate dal Premier Morsi tra le fila degli apparati di sicurezza egiziane, siano una sorta di “sceneggiata”. Riportando le parole del boss di Stratfor:
    an agreement between the military and the Muslim Brotherhood that gives Morsi the appearance of greater power while actually leaving power with the military” 
    Che ne pensate?

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      AllegraBrigata at |

      Credo sia un’ipotesi plausibile viste le reazioni delle forze armate egiziane. Perlomeno quelle pubbliche.

      R.

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    Linus at |

    Non si deve sottovalutare la componente (solo retorica?) di tipo catastrofista e apocalittica che pervade l’animo dell’attuale Primo ministro.
    Riporto un pezzo tratto da un articolo dello scrittore israeliano David Grossman, uscito su Repubblica qualche tempo fa. Non è una riflessione geo-strategica ovviamente, ma gli esiti di gravi processi decisionali sono sempre frutto di calcoli razionali?
    Benjamin Netanyahu ha una linea di pensiero e una visione storica secondo le quali — riassumendo a brevi linee — Israele è il “popolo eterno” mentre gli Stati Uniti, con tutto il rispetto, sono una specie di Assiria o di Babilonia, di Grecia o di Roma dei giorni nostri. Vale a dire: noi siamo per sempre, destinati a rimanere, mentre loro, nonostante tutto il potere che possiedono, sono momentanei, transitori, motivati da considerazioni politiche ed economiche limitate ed immediate, preoccupati delle ripercussioni che un eventuale attacco potrebbe avere sul prezzo del petrolio e sui risultati elettorali. Noi invece sussistiamo nella sfera dell’“Israele eterno” e portiamo in noi una memoria storica in cui balenano miracoli e imprese di salvezza che vanno oltre la logica e i limiti della realtà. Il loro presidente è “un’anima candida” che crede che i nemici ragionino in maniera razionale come lui mentre noi, già da quattromila anni, ci troviamo ad affrontare le forze più cruente e gli istinti umani più incontrollabili e oscuri della storia e sappiamo bene come comportarci per sopravvivere in queste zone d’ombra“.

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    barry lyndon at |

    mentre bazzicavo sul sito dell’ISPI, mi sono imbattuto su questo commentary sull’ipotesi di attacco israeliano all’Iran. Anche se è datato (risale a novembre del 2011), mette in evidenza alcuni aspetti che, a mio avviso, sono ancora attuali:

    http://www.ispionline.it/it/documents/Commentary_Frankel_15.11.2011.pdf

    L’autore, Frankel, sostiene che “la minaccia di un attacco all’Iran andrebbe forse vista come una complessa, e ben gestita, “guerra dei nervi”, o più precisamente un “bluff” in cui la minaccia militare è poco probabile ma la posta in gioco è troppo alta perché le altre potenze vogliano correre rischi”.

    L’autore, citando Trita Parsi, considera l’opzione militare di Tel- Aviv “un “bluff” che continua a funzionare e ad assicurare, ogni volta, importanti vantaggi strategici”.

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      Giovanni Nacci at |

      …molto meno “cyber” e molto più “info”, ‘nsomma  😛

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    Ero Morgana at |

    Gentile Silendo buonasera, grazie per questo articolo di Friedman..utile per capire l’evoluzione dinamica tra Egitto ed Istraele..mi ha illuminato! Anche se ancora non è chiaro se Morsi “will be rinnovation according of Camp David”…in che modo influenzerà la campagna elettorale americana?

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    Linus at |

    Barryuzzo caro, 
    premesso che l’efficacia di un bluff è inversamente proporzionale alla sua durata, come si concilia la tesi di Frankel con quanto da te sostenuto prima? ovvero con l’asserita scarsa coesione interna e circa i dissidi al vertice a Gerusalemme. Si tratterebbe dunque di una sceneggiata napoletana? 😉

     

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      barry lyndon at |

      Linus-setto :D,

      non vedo linee di contrasto tra le considerazioni di Frankel (e indirettamente della Parsi) e le mie.

      Premessa: lo stesso Frankel, prima di introdurre il concetto di “bluff” e di “guerra dei nervi”, evidenzia che “molti esponenti dell’establishment politico-militare, compresi i servizi segreti, sono contrari”

      Ricapitolando, la mia posizione è questa: l’opzione militare israeliana contro l’Iran è possibile ed il periodo potrebbe essere favorevole, ma la probabilità che questa venga adottata dalla leadership di Tel-Aviv è moderata (e comunque molto più contenuta rispetto alle stime che nelle ultime settimane molti analisti, organi di stampa ed esperti hanno sostenuto). Tieni conto che fino a qualche giorno fa qualcuno si è spinto addirittura ad affermare che l’intervento militare era già deciso e di imminente esecuzione (circa un anno fa soffiavano gli stessi venti di guerra, ma non mi risulta che l’attacco ci sia stato!).

      Per sostenere la mia posizione, ho, conseguentemente, provato ad individuare degli indicatori (che, in linea di massima, coincidono con quelli di Friedman). Uno di questi indicatori è la scarsa coesione politica all’interno di Israele, che riguarda sia la leadership politica, sia i vertici degli apparati di sicurezza, sia la popolazione (con particolare riferimento alla fascia under 40).

      Questo indicatore – combinato con gli altri – non mina la valutazione sulla possibilità dell’intervento, ma è utile a misurarne il livello di probabilità. Per quanto Netanyahu possa essere intimamente convinto dell’opzione militare e spinto da “una memoria storica in cui balenano miracoli e imprese di salvezza che vanno oltre la logica e i limiti della realtà“, senza il sostegno pieno delle altre forze politiche, dell’IDF e degli altri organismi istituzionali coinvolti, difficilmente potrà assumere questa decisione. Ergo: la probabilità che l’intervento venga condotto, da qui alla fine dell’anno, è limitata.

      Perchè l’ipotesi del “bluff” non contrasta con la mia posizione? Semplice: mancando alcune delle condizioni per decidere e condurre effettivamente l’attacco nei prossimi mesi, a Netanyahu – ed alle forze a lui vicine – non rimane altra possibilità che alimentare la pressione sull’Iran (sugli USA e, più in generale, sulla comunità internazionale) con rumors, leaks, indiscrezioni, comunicati più o meno ufficiali… 😉

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    Linus at |

    Secondo me, la tesi contrasta.
    E’ un bluff oppure no? E chi bluffa? Il primo ministro? E chi si oppone all’ipotesi di attacco sa che il primo ministro sta bluffando? E dunque fa finta di opporsi?
    La mole di indiscrezioni può anche essere uscita per l’opinione pubblica mondiale con la finalità di far acquisire legittimazione all’operazione.
    In ogni caso, le interviste agli ex vertici della sicurezza nazionale israeliana non richiedono l‘imprimatur dell’ufficio del Primo Ministro.
    Su questo tema, Netanyahu ha contro parecchi: dal presidente della repubblica all’establishment economico e culturale.
    Secondo me, è tutto qui. 

     

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      barry lyndon at |

      Linus, perdonami, ma non ti seguo. :)
      Continuo a non capire dove e perchè ci siano elementi di contrasto all’interno del mio ragionamento. Con questo non voglio assolutamente dire che la mia tesi ha più valore di altre o sia più attendibile. Ma non riesco a rilevarne fallacie.
      E, soprattutto, non ho ancora capito quale sia la tua posizione sulla questione!

      Secondo te l’intervento è già stato deciso?
      O, comunque, il livello di probabilità che lo stesso venga deciso è elevato? E, nel caso, quanto sarebbe imminente?
      Le varie indiscrezioni che si sono susseguite nelle ultime 2 settimane sono casuali o sono pianificate? Le stesse sono false o attendibili? Se sono pianificate, a chi sono rivolte?
      Ritieni che questi rumors, insieme alla presunta “voglia matta” di Netanyahu di far guerra e alle imminenti elezioni USA, siano sufficienti a stimare per quasi certo un imminente attacco all’Iran?
      Pensi che Israele sia in grado di sostenere le reazioni (molto probabili) provenienti da varie direttrici e su vari livelli?
      Sono d’accordo con Silendone quando dice che quando Israele percepirà il programma nucleare iraniano come una effettiva ed imminente minaccia per la sua esistenza, non si preoccuperà delle possibili reazioni di Teheran e dei suoi alleati. Ma il punto è proprio questo: siamo sicuri che Israele (e cioè i suoi vertici politico-militari) sia convinto che, ORA, l’Iran sia una concreta minaccia per la sua esistenza e che, conseguentemente, sia assolutamente necessario intervenire nella finestra temporale tra settembre e novembre?
       

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    Linus at |

    Barry caro, ma è solo il concetto di bluff che mi lascia perplesso, nella mia profana cognizione. Nel corso di questo lungo periodo abbiamo comunque assistito ad azioni di logoramento tra droni, virus e omicidi mirati. 
    L’idea della finestra temporale può non convincere, ma il nocciolo secondo me è se Israele possa veramente accollarsi da solo questo fardello.

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    dott panzeri at |

    quella di israele è una tattica,tattica mediatica per spaventare l’iran.Sono diversi anni che puntualmente in agosto escono i piani d’attacco verso l’iran. Strategia,guerra psicologica ed assimetrica.Altrimenti l’iran a quest’ora sarebbe solo un’espressione geografica.Il resto è demagogica diplomazia. Saluti e buona continuazione.

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    castemar at |

    ormai sono tre anni che in agosto -fine estate- si annunciano imminenti attacchi all’Iran da parte dello stato d’Israele. L’opzione militare israeliana, al momento, dovrebbe essere esclusa. E le ragioni -probabilmente- sono l’attuale debolezza interna dello stato ebraico e la quasi certa incontrollabilità, nell’area di riferimento, degli scenari militari e politici che ne scaturirebbero.   

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    Teofilo at |

    Buonasera a tutti,

    riguardo la questione medio orientale, è possibile che sia in corso una manovra NATO di tipo stay-behind, stile organizzazione GLADIO (silendo libertatem servo) coordinata da SHAPE?

    Saluti,

    E.S. 

     

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