L’Agenzia Internazionale per l’Energia ha pubblicato qualche giorno fa un report speciale dal titolo “Golden Rules for a Golden Age of Gas“.
Dalla lettura del report Fareed Zakaria (e non solo) formula alcune ipotesi sull’impatto geopolitico dello sviluppo del c.d. Shale Gas.
Golden Rules for a Golden Age of Gas – World Energy Outlook – Special Report on Unconventional Gas
il problema fondamentale con il non-convenzionale è dato dal sistema legale: negli USA, la legge assegna ciò che c’è nel sottosuolo al legittimo proprietario del suolo. Altrove, soprattutto in Europa, è lo stato ad essere proprietario di quanto c’è nel sottosuolo. Le differenze nel risultato sono enormi: se il proprietario del terreno può mettersi d’accordo coi produttori e ricavarne una rendita o una bella buonuscita, tendenzialmente è felice di collaborare. Se invece il proprietario del terreno può al massimo aspirare a qualche spicciolo e in ogni caso è destinato a subire ogni decisione amministrativa, si opporrà sistematicamente, alzando di costi dell’estrazione.
E questo senza considerare altri due fattori: il primo è la forza elettorale della lobby verde in alcuni paesi, sempre in cerca di qualche nemico assurdo per mobilitare consenso (basti pensare che in Francia, senza praticamente prove scientifiche, sono riusciti a far passare una moratoria totale sul non convenzionale). Il secondo fattore è è il peso della tassazione: il 40% del prezzo finale del gas naturale in Italia (i livelli nel resto d’Europa sono simili) è dato dalle tasse; qualora dovesse scendere il prezzo del gas, scenderebbe anche il gettito: non credo che questo attragga molti favori nel legislatore.
Un’ultima considerazione riferita all’articolo di Zakaria: credo che mettere la Russia sullo stesso piano del Venezuela (che peraltro è un piccolo produttore) o considerare il Qatar uno stato con ambizioni destabilizzanti sia quantomeno fantasioso.
Ti ringrazio. Preparando il post speravo in un tuo commento 😉
Gentile mv,
e riguardo alla questione fracking/terremoti..?
si veda:
http://www.bloomberg.com/news/2012-04-20/fracking-linked-earthquakes-spurring-state-regulations.html
…
Lo US Geological Survey direi che nel complesso minimizza i rischi:
http://earthquake.usgs.gov/learn/faq/?categoryID=46
E in ogni caso la conclusione dell’abstract del paper indicato recita:
“While the seismicity rate changes described here are almost certainly manmade, it remains to be determined how they are related to either changes in extraction methodologies or the rate of oil and gas production.”
un po’ presto per essere allarmisti, soprattutto perché parliamo di eventi sismici nel stragrande maggioranza impercettibili e che comunque in nessun caso finora riportato hanno provocato danni.
Grazie,
…
Ho ascoltato l’intervento di Zakaria e da alcune cose che ha detto traspare che non si è preparato molto bene sull’argomento.
Oltre al fatto che il Venezuela è un modesto produttore di gas, penso che non sappia che lo shale gas è composto quasi esclusivamente da metano. E non credo sia vero che stanno costruendo auto a gas naturale liquefatto: tecnologicamente credo sia estremamente difficile.
Infine, mi sembra molto ideologico dire che Russia, Venezuela e soprattuto Iran soo paesi destabilizzatori, mentre la Cina non lo è.
Ancora sullo Shale Gas e l’impatto geopolitico. Un articolo di Stefano Casertano: http://www.linkiesta.it/shale-gas-boom
Parole in libertà.
Certo, per gli statunitensi lo shale ha cambiato il mercato domestico, ma l’impatto sull’Europa è decisamente sovrastimato.
Per chi fosse interessato a qualche numero e si fosse letto l’articolo di Casertano, segnalo le stime fatte da Renato Urban e riportate da Staffetta Quotidiana:
“Da gennaio 2010 a luglio del 2012, il prezzo del gas LNG esportato dagli USA è variato da 8 $USA/MMBTU a circa 17,1 $ USA/MMBTU. Si tratta di prezzi non competittivi sul mercato europeo, dove lo spot era di circa 8- 9 $ USA/MMBTU e quello take or pay era di circa 11 $USA/MMBTU. Pensare, quindi, di costruire una piattaforma italiana per importare LNG dagli USA è pura fantasia.
Tra liquefazione, trasporto marittimo e rigassificazione, come si vedrà nel capitolo seguente, se ne vanno più di 5 $ USA per MMBTU. L’arbitrage può essere conveniente in periodi particolari, quando si dovesse profilare un inverno del tipo molto freddo F40 e ci fosse un supply minore della domanda. Il prezzo di produzione del gas shale long run, da utilizzare per l’export, dovrebbe aggirarsi, secondo valutazioni fatte per il Governo USA da società specializzate, tra 6-7 $ USA/MMBTU. Se si aggiunge il costo di liquefazione, trasporto e rigassificazione, il prezzo CIF NWE sarebbe di circa 11-12 $ USA/MMBTU, che mette il gas naturale USA fuori mercato, anche in competizione con i prezzi oil linked.”
Se non fossimo in pubblico mi verrebbe da chiederti il perchè di tali parole in libertà? Non adeguata conoscenza?
Ma siccome siamo in pubblico tacciUo 😀
Il nostro Maugeri invece?
http://online.wsj.com/article/SB10001424052970204712904578094980730090350.html
La sua analisi mi sembra sensata. Personalmente, sottolineerei di più l’aspetto della domanda debole, ma nel complesso sono d’accordo con le sue conclusioni.