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    barry lyndon at |

    anche se non riguarda (direttamente ;)) la sicurezza nazionale USA, quello relativo al vertice della Banca Mondiale è comunque un avvicendamento da tenere in debita considerazione:

    http://www.guardian.co.uk/business/2012/mar/23/jim-yong-kim-obama-world-bank-nominee?CMP=twt_gu

    Questa volta, a mio avviso, ancora di più, tenuto conto che Obama ha appena nominato un sud-koreano alla guida della World Bank (che di fatto è un potente strumento di influenza e penetrazione geo-economica in mano agli USA).

    Secondo me tale nomina è un indicatore, evidente e chiaro, del confronto in atto tra il “Washington consensus” e il “Beijing consensus” (per approfondire qui: http://www.soc.jhu.edu/people/Arrighi/publications/Arrighi_and_Zhang_New%20Bandung_3-16-09_version.pdf  e qui:  http://www.stanford.edu/~mckinnon/papers/China%20in%20Africa.pdf )

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      AllegraBrigata at |

      “Secondo me tale nomina è un indicatore, evidente e chiaro, del confronto in atto tra il ”Washington consensus” e il “Beijing consensus” ”

      Caro Barry, ciao! :)
      Non ho capito bene questo punto. Me lo puoi spiegare? :)

      Vittorio

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    barry lyndon at |

    caro Vittorio,
    in effetti sono stato eccessivamente sintetico. Cerco di chiarire meglio la considerazione. 
    Il c.d. “Washington consensus” è una sorta di decalogo, di regole di politica economica, che il tandem “World Bank & International Monetary Fund” indirizza (=impone) da circa 50 anni agli Stati che necessitano di sostegno economico-finanziario internazionale per curare i loro stato di salute economico e/o per tentare di ammodernare i loro sistemi produttivi, industriali, finanziari, commerciali. In altri termini è un pacchetto di misure che la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale chiedono ai paesi in via di sviluppo (o comunque in difficoltà) quale contropartita/garanzia dei prestiti e delle altre forme di sostegno erogati dai due organismi internazionali. Ora è abbastanza noto che la World Bank e l’IMF sono diretta espressione delgi interessi occidentali (e prevalentemente di quelli USA). Per questo motivo, i vertici delle 2 istituzioni sono sempre stati affidati a figure che rappresentano gli interessi europei e, soprattutto, statunitensi. Nel caso della Banca Mondiale, nello specifico, per prassi consolidatasi dalla sua istituzione, il presidente è sempre stato di designazione USA ed è sempre stato di nazionalità statunitense. Si può affermare che il “Washington consensus” è stato, ed è tutt’ora, un potente strumento in mano agli USA per fare penetrazione geo-economica e per tutelare, a livello globale, i propri interessi economici.   
    La risposta cinese al “Washington consensus”, che per ovvi motivi è emersa solo nell’ultimo decennio, è il c.d. “Beijing consensus”. In sostanza è la lista di regole che la Cina ha fissato per gli Stati in via di sviluppo che chiedono sostegno economico-finanziario e politico-industriale. Le regole cinesi sono meno invasive e si fondano, essenzialmente, sul principio di non ingerenza negli affari politici interni dello Stato e su quello del “pecunia non olet”*. E’ l’unica alternativa reale che, oggi, uno Stato in via di sviluppo ha, rispetto al ricorso alle risorse offerte da WB/IFM, per tentare di risanare la propria economia e avvaire un percorso di crescita. Si può dire che il “Beijing consensus” è l’offerta concorrenziale made in china, che consente ai paesi “bisognosi”  di ottenere prestiti/aiuti finanziari/investimenti senza dover sottostare alle regole del “Washington consensus”. Di conseguenza, il “Beijing consensus” è il cuneo attraverso la quale la Cina sta gradualmente inserendosi nei processi di ammodernamento economico ed industriale stranieri (in particolare in Africa), mettendo le mani su importanti risorse naturali (petrolio, cobalto, gas, rame, etc.), chiudendo vantaggiosi accordi commerciali e, in generale, acquisendo una posizione di influenza sempre maggiore. 
    Ecco, quindi, il match globale: “Washington consensus” VS “Beijing consensus”.
    Nell’ambito di tale confronto, ritengo che gli USA si stiano rendendo conto di aver perso la posizione egemone e di dover correre ai ripari.
    Secondo me, quindi, la nomina di un sud-coreano quale primo presidente NON statunitense della Banca Mondiale è una scelta mirata, da parte dell’amministrazione Obama, a riprendere terreno e contrastare l’ascesa della Grande Tigre!
    tu che ne pensi?
     
    *poco tempo fa se ne parlava qui: http://silendo.org/2012/02/14/intelligence-e-difesa-statunitense-il-bilancio-2013/

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      AllegraBrigata at |

      Ciao Barry. Qualche giorno fa avevo male inteso questo tuo commento. Rileggendolo mi trovo d’accordo.
      Credo però che l’amministrazione Obama non abbia effettuato questa scelta per contrastare quanto piuttosto per accomodare le pressioni che venivano dai paesi emergenti. Io non vedo una Cina capace di contrastare l’ordine americano con un proprio ordine. Gli Stati Uniti sono meno influenti e meno forti del passato e quindi devono agire tenendo conto di pressioni cui prima non tenevano conto. Non so se riesco a spiegarmi.

      V.

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