Maurizio Martinelli, sul Messaggero di oggi, riporta un’ipotesi che gira da qualche tempo, la creazione di una sorta di Servizio unico con l’accorpamento – secondo quanto scritto dal giornalista – del DIS e delle due Agenzie in un’unica struttura. La qual cosa, in tempi di crisi economica, servirebbe anche per razionalizzare le risorse eliminando duplicazioni:
L’obiettivo è tanto ambizioso quanto riservato. Il premier Mario Monti ne ha parlato ieri ai Copasir, il comitato di controllo sui servizi segreti. Non solo per una forma di cortesia istituzionale ma anche perché è lui ad aver trattenuto la delega all`intelligence. Si è parlato di come rivoluzionare i servizi (…).
Il premier Monti avrebbe discusso con il presidente del Copasir, Massimo D’Alema, e con gli altri commissari, come realizzare appieno la legge di riforma dei servizi di sicurezza che ha ormai cinque anni. Si è parlato di come razionalizzare le risorse eliminando duplicazioni e anche di come perfezionare gli automatismi dei vari apparati per consentire all’intelligence di svolgere al meglio le attività nei confronti del terrorismo internazionale e interno, della criminalità organizzata, degli attacchi cybernetici e anche di quelli finanziari, legati all`oscillazione spesso indotta fraudolentemente da speculatori internazionali. Ma non è tutto, perché il governo avrebbe mantenuto in piedi un progetto già esistente di riunificazione dei tre apparati di intelligence (l’Aise, l’Aisi e il Dis) sotto un’unica sigla, sul modello del Dipartimento di Sicurezza Usa, aggregando quindi le competenze sulla prevenzione, sul controspionaggio e su tutte le altre specializzazioni degli apparati che una volta si chiamavano Sismi e Sisde.
Con qualcosa in più, perché secondo una delle ipotesi di lavoro, un simile apparato potrebbe avvalersi di reparti militari d`assalto, come il Comsubin della Marina o il Col Moschin dell`Esercito, per azioni top secret. Ma si tratta, per il momento, di semplici ipotesi di lavoro.
A parte che COMSUBIN, Col Moschin e GIS si muovono già coordinati e/o diretti dai servizi, accorpare aisi e aise mi sembra una vaccata. Le voci che girano danno persino per rottamata l’Arma, idea che francamente mi dà il mal di pancia.
Ciao Nebo
“Le voci che girano danno persino per rottamata l’Arma”
questa è una vera…. vaccata! 😉
Buonasera Nebo
Tutto dipende da come, eventualmente, verrebbe disegnata questa “fusione”.
Progetto interessante sul quale riflettere bene.
R.
Ciao Sil,
ma quando Martineli scrive “sul modello del Dipartimento di Sicurezza Usa”, secondo te, fa riferimento al DHS?? in caso positivo qualcosa non mi torna
Curiosità:
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2012/02/23/visualizza_new.html_103335671.html
In effetti Barry sottolinea un punto che anche io mi ero chiesto,
anche perche’ e’ risaputo che il DHS non ha competenze su CIA e FBI…
Forse l’autore intendeva riferirsi al Director of National Intelligence, ma ma anche qui sorgono dei dubbi in quanto non e’ un organismo operativo ma direttivo/di coordinamento.
In effetti l’articolo sembra presagire la possibile istituzione di un Servizio unico, la qual cosa negli USA non si e’ mai vista, quindi non capisco il paragone…mi sembra ci siano molte idee confuse(by the way ma da quando i parlamentari in commissione si chiamano commissari? mai sentito)
Tu cosa ne pensi Silendo?
Mah… penso che probabilmente il giornalista abbia fatto un esempio non propriamente idoneo ma non la prenderei comunque alla lettera
Qui non c’è niente di confuso. La situazione è chiara e limpida. Tre Agenzie, che non dialogano neanche tra di loro, costano troppo per i risultati (magri) che portano. Razionalizzare le risorse umane e tagliare i doppioni, credo che sia salutare oltre che doveroso.
La Legge di riforma aveva l’intento di una creare le condizioni per una coordinazione e di un dialogo tra le due Agenzie atttraverso la mediazione del DIS, ma questa aspettativa è stata ampiamente disattesa.
Ergo che, nell’ambito di uno spending less, urge accorpare il tutto sotto l’ombrello di in una unica struttura, tagliando in termini di spese inutile (troppe poltrone dirigenziali …. tre vice direttori per ogni Agenzia…. ma scherziamo, non basterebbe uno solo?). Nel comparto OO.SS. italiano ci sono più liberi pensatori che operatori. Come al solito uno lavora e dieci guardano.
Da semplice appassionato non me ne intendo molto di servizi segreti, ma è mia opinione personale che unire Aise ed Aisi sarebbe l’apice del fallimento dopo l’inutile riforma di qualche anno fa… (tra poco di questo passo aboliranno anche l’Arma…). E’ vero il detto che “non c’è mai fine al peggio” ma sono straconvinto che unire elementi sotto un unico controllo, con la scusa ridicola del taglio alle spese, non garantisce affatto il miglioramento dell’operato dei servizi rendendoli più efficaci, ma ne impoverisce il controllo trasversale ed incrociato tra gli stessi utile proprio per evitare il “monopolio” informativo. Piuttosto per recuperare fondi toglierei di mezzo il Copasir (vi siete mai chiesti a cosa serva se non a dividere compensi economici per dei ruoli in differita…?), e ripristinerei (ufficialmente) i reparti di informazione Difesa. Forse sono troppo drastico ma preferisco le stellette ai civili ! (senza offesa per nessuno).
p.s. dimenticavo che le mie sono stupide e ridicole opinioni personali, frutto di pura fantasia e condite di un pizzico di sana utopia, visto che chi propone tali leggi non sono di certo tecnici ed operativi che “sopravvivono” in teatro ( con mezzi improvvisati e rabbattati alla meglio, espedienti e molta genialità ) ma solo politici, legislatori e burocrati.
Carissimi saluti a tutti
Sulla “rottamazione” dell’ Arma, modestamente , potrei dire qualcosa………
Armigero
Punto 1 la legge 124/2007 è stat utilissima, tutti i paesi seri hanno le agenzie suddivise per competenza territoriale e non per materia.
Punto 2 la predetta legge ha posto le agenzie alle dipendenze della PCM e non più dei ministeri, i direttori delle agenzie devono smettere di parlare con ministri vari (la posizione degli uffici dei direttori non aiuta in questo).
Punto 3 si dice in giro che è già stata individuata la nuova sede comune per tutti (intendo vertici ovviamente).
Punto 4 riaprire i SIOS? Ma se il RIS ed il CII costituiscono oggi il vero problema? Vds Copasir gestione satelliti ecc. Io a grandi linee concordo con l’esistenza del RISS/CII ma allora AISE deve pintarla di fare il SISMI e fare più la CIA mentre il RIS deve fare la DIA (USA ovviamente non antimafia) e adre una specie di indennità al CII.
Punto 5 abbiamo 5 ripeto 5 forze dell’ordine con tutta la logistica e gestione moltiplicata per 5… carabinieri hanno voluto fare la FA? E allora facessero la FA ma poi i paesini sperduti chi li guarda? Nel tempo la PS ha preso le aree metropolitane, i CC le province, la GdF il mare… soluzione? Parte dei CC assorbiti dall’interno, GdF solo tributaria ecc sotto Ag Entrate, finanza di mare con le capitanerie a fare la Guardia Costiera vera, appunto guardia e salvaguardia del mare territoriale (convenzione di montego bay attualissima vds india) altri, forestale e penitenziaria a fare il loro mestiere.
Troppi sprechi ed in ambito informativo troppe informazioni e mancanza di coordinamento! Si rischia di disseminare la stessa info su più canali ed alla fine di autosostenerla credendo di validarla.
Il Copasir è figlio del passato del SID ecc ma bisogna ammettere che è democratico e giusto averlo.
Per il futuro vedremo spero che il governo monti non cambi i vertici e lasci la palla al prox governo eletto dai cittadini… noto così ad occhio anche grazie a questo blog un gran lavoro di de gennaro che cerca di ammodernare cybersecurity ecc ecc.
Buonasera Cobra
Piccola nota personale: “Punto 3 si dice in giro che è già stata individuata la nuova sede comune per tutti (intendo vertici ovviamente)“, è stata individuata già da qualche anno, però…
Totalmente d’accordo…
Ci mancherebbe altro! Semmai dovrebbe essere reso un po’ più efficiente.
Un piacere ricevere tue direttive sensei
si ovvio per la sede e potremmo scrivere anche l’indirizzo esatto della piazza ma non credo sia importante.
Grazie per il d’accordo.
Concordo io con te al riguardo del Copasir.
PS Non credo che De Gennaro lascia veramente e francamente lo vorrei al Dipartimento il più a lungo possibile. Chissà che farà Branciforte da fine mese? Santini invece credo che si giocherà molto con la questione marò in India, tu cosa ne pensi?
Uhm… posso chiederti in che senso?
Allora…andiamo con ordine… Il Comparto sicurezza-difesa e’ in fase di revisione…. Ma tanto per essere chiari le cinque polizie sono tali solo di nome… Vogliamo veramente considerare tali la penitenziaria e i forestali? Quale e’ il loro valore aggiunto nella prevenzione / repressione dei reati? E la gdf? Prettamente e giustamente polizia tributaria… La legge 121/81 prevede due sole ffpp a competenza generale: Arma e ps…. Poi incidentalmente l’Arma procede (dati ISTAT) nel 70% dei reati a livello nazionale con punte dell’85% in alcune provincie.
Ma e’ pur vero che la “splendida anomalia” dell’Arma rischia la “rottamazione” per cause economiche.. Da noi se ne parla apertamente da qualche anno.. Ma questo e’ un blog sui Servizi e non sulle FF.PP…
Giusto. Ma per l’Arma, qui, c’è sempre spazio 😀
Concordo con te su tutto ma nello stemma delle FF.PP. se ne contano 5, e poi accesso banche dati ecc è anche per GdF, Penitenziaria, Forestale intendo legge 121. La GdF fa ordine pubblico ecc. Io dico che ci deve essere uans ola FP se poi chi la compone sono Carabinieri o Civili poco importa personalmente. La GdF fa anche le scorte, ma facciamo fare ad ognuno il suo lavoro ad esempio perchè abbiamo la polizia scientifica ed il RIS? Perchè abbiamo la postale della pS ed il GAT della fiinanza? Io sono per il Joint unire le professionalità e razionalizzare, troppi sprechi francamente.
Ringrazio il carissimo Padrone di Casa…. Ovviamente ciò che e’ stato “disegnato” nel 1814 o nel 2006/07 potrebbe non essere più adeguato alle esigenze economiche del 2012……
Cobra, vero, la sede di circa 30 mila mq già è stata individuata e la si sta allestendo da molto tempo.. per fortuna che non lo deve sapere nessuno, ma il fatto che in Italia non esiste la Cultura del Segreto, e tutti sanno tutto (purtoppo!). Se pensiamo che la maggior parte dei nostri militari che svolgono attività altamente sensibili ha un bel profilo su FB ricco di foto private e non solo.. la dice lunga la nostra voglia di “professionalità” e quella di volerci comparare ai Servizi segreti di altri paesi. Ci dimentichiamo anche che abbiamo accettato di inserire in posizioni strategiche personale “straniero”… vedasi anni fa, Cinesi al ROS e quant’altro.. Altro che omissis e sicurezza delle informazioni!
P.s. Il CII forse funzionicchia, ma per il RIS …beh, lasciamo perdere, non vorrei offendere nessuno e non amo sparare sulla crocerossa 😉 Sanno le cose se gliele vai a dire di persona, altrimenti neppure ti conoscono… Legge 185… dove sono i “controllori” ???? Omissis!
Non credo che manchino i fondi, piuttosto sono mal gestiti, troppi sprechi in cose a mio dire futili, perché da noi si deve far lavorare la ditta dell’amico dell’amico.. assumere la nipotina, scambiare un favore.. solita storia tutta italiana per fare cassa e non di certo qualità.
p.s. lascerei la scorta armata sulle navi mercantili ad apposite società di security e non di certo alle nostre forze armate, anche per evitare situazioni ridicole e “GRAVI” come questa dell’India, dove lo Stato è sotto scacco perché ci ha messo del suo, quando da ben 4 anni “qualcuno” gli aveva già trovato la soluzione chiavi in mano, quella meno indolore, ma a “mamma marina”, la cosa forse non conveniva economicamente (mi sbaglio?).
Comunque inutile rodersi il fegato, sono scettico che le cose possano migliorare finché ci saranno i benefit ed il “posto fisso” aspettando il 27.
“cybernetici” con la y non l’avevo mai sentito…
una domanda indiscreta per Armigero :
ma se sei dell’opinione che “unire” Aisi ed Aisi sia una sorta di miglioramento, mi sapresti spiegare a cosa serve l’Agenzia dell’Arma? Quella dietro le ancore per intenderci… p.s. se dobbiamo unire tutto e tutti allora togliamo a TUTTI i propri reparti investigativi e mettiamo tutto sotto un unico cappello. Ci manca che privatizziamo i Servizi e li quotiamo in borsa… alziamo il rating 😉
Io vedendola da anni come l’Azienda che ha maturato un cancro interno senza mai debellarlo, sono dell’opinione che bisogna fare un repulist serio, rendendo più “efficaci” alcuni reparti, senza per questo accorpare tutto in un grosso calderone (vogliamo emulare il metodo USA? Ma se sembriamo l’armata brancaleone, vi rendete conto o vivete in un mondo tutto vostro?) con l’apparente scusa di non avere duplicazioni della stessa cosa, ma casomai per avere un migliore controllo (solo) politico del tutto.
p.s. un caro saluto a tutti, vi leggo ma non replico più, preferisco leggere le vostri interessanti analisi che farmi venire l’ulcera su temi senza soluzione 😉
GoodBye
Appunto CL, della nuova sede si sa tutto ed io avevo appunto cercato di non andare nei dettagli no?
Sul RIS e CII concordo con te. I ragazzi del CII si fanno un bel culo (non tutti ovviamente) mi piacerebeb che avessero un minimo di riconoscimento economico.
Vorrei vedere in ogni ambito strutture più snelle e funzionali.
La verità è che spesso le FF.AA. o le FF.PP. sono un ammortizzatore sociale!
Da noi, a livello politico e spesso militare, manca il concetto di penetrazione strategica anche nel campo industriale ed economico.
Grazie a tutti ed al padrone di casa per i sempre piacevoli confronti.
_Notte
Grazie a te
ahah ma la smetti!!!!???

Figurati, Cobra 😉 ti/vi devo ringraziare io, semmai
Piazza Dante, il giallo del cantiere fantasma
L’ antico palazzo delle Poste ospiterà i Servizi. Segreto di Stato sul progetto. È polemica
http://archiviostorico.corriere.it/2012/marzo/09/Piazza_Dante_giallo_del_cantiere_co_10_120309015.shtml
piu pubblico di cosi….
SG
http://www.difesa.it/Sala_Stampa/rassegna_stampa_online/Pagine/PdfNavigator.aspx?d=16-03-2012&pdfIndex=21
Ulteriore notizia:
(ASCA) – Roma, 23 feb – Liberalizzazioni, proposte ”innovatrici” per il mercato del lavoro e riforma dei servizi segreti. Sarebbero queste le principali questioni affrontate nel colloquio di stamattina tra il premier Mario Monti e il leader di ApI, Francesco Rutelli, tenutosi a Palazzo Chigi, e durato circa quaranta minuti.
(…)
Infine, con molta probabilita’ in veste di ex presidente del Copasir, Rutelli avrebbe discusso con Monti della sua idea di riforma dei servizi segreti.
“Rutelli avrebbe discusso con Monti della sua idea di riforma dei servizi segreti.”
sembrerebbe che l’ex presidente del comitato, forte della sua esperienza, abbia fornito un valido contributo in materia di gestione di fondi….
Le competenze non devono andare perse!!!!!!!
En.
Signori,
Io non capisco una cosa: perché bisogna per forza avere un modello da emulare?
Poi, in seconda istanza mi domando, ciò che riguardava le attività di informazione fino al ’90 era abbastanza definito e rispondeva alle esigenze dell’assetto geopolitico globale fondato sui due blocchi.. ora, ciò che non è chiaro è come (e se) hanno deciso di adeguare le funzionalità dei servizi al nuovo e mutato contesto geopolitico, contraddistinto da una “glocalizzazione” e segnato da rapporti di forza asimmetrici.
In tutto questo c’è da dire che il periodo di vacche grasse è finito per quanto riguarda la spesa pubblica e che non si possono assolutamente più mantenere queste logiche di mercato se si deve arrivare ad un pareggio di bilancio il prossimo anno (vedi anche l’appello di Draghi su WSJ ieri): questo mi fa venire un’altra domanda: possibile che i servizi di intelligence non abbiano previsto e preso adeguate contromisure a questa guerra finanziaria contro l’Italia (e l’Europa)?
Per ora smetto di farmi domande anche se ci sarebbe da dire molto.. e torno a ripetere che a mio avviso il problema italiano è sostanzialmente etico, in quanto non siamo sufficientemente bravi a vivere senza valori (come molti altri paesi fanno) tuttavia il benessere dagli anni ’60 ha annullato molti valori che costituivano il pilastro della integrità culturale popolare, drogando di fatto la società e rendendo tutto dovuto e nulla “sudato” (per assurdo sono premiati i furbi, gli scaltri, gli avventurieri) favorendo la crescita esponenziale delle organizzazioni criminali.
Saluti,
E.S.
Teofilo, buonasera
No, non si tratta di avere un modello da emulare ma di far tesoro delle esperienze altrui, altrimenti dette “best practices”.
Ovviamente, bisogna essere in grado di 1) studiare le esperienze già fatte all’estero e 2) adattarle alla realtà nazionale.
Non è proprio semplicissimo. Spesso capita che manchi il punto 1, non si studia adeguatamente, oppure il punto 2, non si è in grado di adattarle al contesto. La cosa, attenzione, non capita solo in Italia. Anzi…
Posso permettermi di essere sincero e diretto?
E’ chiaro qual è il contesto.
E’ anche chiaro, in termini generali, come adattare lo strumento per le sfide future.
Ciò che manca, detto francamente, è lo stimolo… l’incentivo, quello vero, ad agire di conseguenza, adattando, modificando, tagliando, aggiornando, ecc…
E’ fin troppo ovvio, infatti, quanto l’Intelligence sia strumento di potere e del potere ed è naturale che sia così. Non può che rispecchiare le priorità e le visioni strategiche di questo potere.
Adesso ti chiedo: quali sono le priorità della nostra classe dirigente??? Quali le visioni strategiche??? Capire il mondo? Conoscere il mondo? Rendere il Paese competitivo? Io direi proprio di no. Un’idea ce l’avrei ma per carità di Patria la tengo per me 😉
Piccola nota: Teofilo, i rapporti di forza sono quasi sempre asimmetrici
Siamo proprio sicuri che i problemi economici del nostro Paese (e magari anche quelli della Grecia) derivino dalle “logiche di mercato”? A me sembra che il vero problema sia proprio la mancanza del mercato, quello libero intendo, e, semmai, la presenza ampia e consolidata di poteri nazionali dediti alla depredazione.
Ultima cosa: non c’è una guerra finanziaria contro l’Italia e men che meno contro l’Europa. Ti prego, non cadere anche tu nella trappola dei suddetti “poteri”.
Magari fosse così, avremmo un nemico, esterno, da combattere. Un obiettivo “alto”, insomma. Un po’ come la Guerra Fredda.
Si tratta, invece, di ben altro 😉
Silendo buonasera a te
Seppure le mie domande fossero sostanzialmente retoriche, esse tuttavia hanno dato motivo a risposte chiare, illuminanti e calzanti con una visione disillusa e realistica degli avvenimenti circostanti.
Tengo altresì a ribattere su un paio di punti: il primo, iniziando dalla fine, riguarda il nemico e l’errore in cui si rischia di incorrere sostenendo la tesi di un qualcuno da combattere. Io però provo a rigirare la domanda dicendo ma siamo veramente sicuri che non ci sia già in atto una guerra? E che piuttosto non si tratti di una guerra dichiarata e compiuta da una entità economica definita geopoliticamente bensì da gruppi finanziari sconosciuti senza bandiera o con mille bandiere.. Sarebbe bello se non esistesse un nemico, ma Lucifero esiste e ha le corna la coda e il forcone 😉 ( battute a parte occorre avere sempre presente che è l’uomo che ha un nemico che suggerisce il male)
Piuttosto penso seriamente che l’Europa si stia rivelando nella sua debolezza e questo porta alla questione dell’asimmetria. Infatti è vero tutte le guerre sono asimmetriche, tuttavia penso che che l’asimmetria in questo senso sia 1) fortemente sbilanciata verso i paesi emergenti/emerai (BRICS) per intenderci mentre l’Europa per divisioni e fragilità interne oltre che ineguatezza delle proprie classi dirigenti si sta rivelando un anello tutto sommato debole da da poter aggredire per conquistare maggiore potere globale. Tuaavia vedo in possibili nemici istituti bancari semisconosciuti che finanziano in varie parti del mondo rivolte guerre e iperconsumi (bolle economiche varie) mentre contestualmente in altre parti favoriscono siccità, crisi economiche ecc.
La crisi è principalmente di valori e quì vengo al primo punto in cui convergo pienamente con ciò che hai scritto anzi lo condivido talmente tanto che lo scriverei in gigantografie sui muri dipiazza colonna :-):-) è vero una classe dirigente assente, pigra, clientelare. Frutto di una o più generazioni che hanno smesso di lottare e di cercare di servire la Verità e questo perchè non esiste più la consapevolezza del male in virtù di un benessere illusorio che ha svuotato le coscienze facendovi penetrare un’accidia tale che è divenuta endemica in molti. Di pari passo è cresciuta l’ingordigia e l’avidità di altri che tuttavia non hanno bandiera nazione o morale.
Un ultimo significativo esempio in calce a quanto appena scritto: le automobili. Tutti sanno che la velocità in auto è la principale causa di morte e invalitità nel mondo ma si continuano a costruire automobili e moto sempre più potenti (e sicure? viene da ridere) che portano a sempre più numerosi incidenti. Ecco penso che in questo piccolo esempio sia racchiusa l’essenza della tesi che tendo a sostenere.
Saluti.
E.S.
Gentile Silendo,
perdona gli errori ortografici del post precedente, ma ho utilizzato un device touchscreen ed è veramente complicato comporre una battitura senza errori!
Vorrei allegarti un link dove è riportata una notizia interessantissima che potrei portare a sostegno della tesi della classe politica e dirigenziale assurda che ci ritroviamo..
http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/giallo-bon-usa.aspx
Cari saluti.
E.S.
P.S. Non scendo in dettagli tecnici sullo specifico argomento di apertura e leggo ammirato i commenti di elevata caratura degli altri ospiti che saluto, ma posso dire che sostanzialmente concordo con chi ha dei dubbi nell’unificare tout court i servizi, perchè a parte sembrare illusorio, non sembra verosimile improvvisamente far coesistere in tal modo reparti provenienti dall’arma e dagli Interni. Capirei se ciò fosse fatto in ottica Europea, dove si demanda ad agenzie “Nazionali” il controllo locale e ad un reparto centrale ciò che riguarda gli Esteri ma così.. in piccolo.. bah, ho i miei dubbi.
Poi per concludere aggiungo una piccola nota: quando dico provocatoriamente “modello da emulare” mi riferisco al rischio di scopiazzare qualche agenzia “di moda” senza comprendere il senso delle esigenze reali e necessarie con il rischio di applicare come un’etichetta un qualcosa che culturalmente, storicamente e strategicamente non ci appartiene, il tutto tenendo ben presente che bisogna sempre guardare agli altri per imparare gli errori da evitare e i successi da emulare.
E.S.
Capisco perfettamente ma ti chiedo: pensiamo davvero che gli attori di un qualunque processo di riordino organizzativo si limitino a scopiazzare modelli stranieri senza valutarne le implicazioni di potere reale?
In altri termini, Teofilo, io penso che qualunque (nuovo) modello di organizzazione istituzionale rispecchi anche, se non soprattutto, gli equilibri di forza tra i diversi attori politici ed amministrativi in causa e che, quindi, il pericolo di un “copia-incolla” (per così dire) non esista. E’ una questione di… potere ed è sufficiente analizzare la gestazione della legge 124, ed i reali interessi in gioco, per averne conferma.
Similmente avverrà nel caso di un’eventuale riforma… della riforma…
Non sono stato abbastanza chiaro.. Io sono assolutamente per un modello bipolare del comparto sicurezza che preveda l’Arma nella sua attuale configurazione e i cugini in blu con una smilitarizzazione della gdf (con transito della componente aereonavale alla Guardia Costiera e la rimanenza all’ agenzia delle entrate e con uno scioglimento della Penitenziaria e del corpo forestale con assorbimento rispettivamente alla PdS e all’Arma….
Per il comparto informativo non sono in grado di esprimere un’idea basata su dati esperenziali….
Armigero concordo con te, credo ci sia già in giro un disegno di legge. Epoi ognuno ha un elicottero, ognuno ha le motovedette lo dice anche Di Paola e poi perchè 2 polizie? I CC devono essere in parte assorbiti in una superpolizia ed in parte MSU Cimic ecc. Come hanno scritto sopra basta vacche grasse razionalizzare e fare sistema… spesso il ROS Carabinieri Roma ha richiesto alla guadia costiera di portarli in mare ecc.
buonasera al padrone di casa e a tutti.
una delle perplessità che ha suscitato in me la 124 è stata proprio la suddivisione territoriale delle competenze. so benissimo che in altri paesi è da sempre così ( usa, germania, gran bretagna…), ma personalmente avrei ritenuto più logico una suddivisione per materia, lasciando all’aisi la competenza sul terrorismo interno e sulla c.o. anche in ambito internazionale, da sempre logicamente suoi territori di caccia esclusiva, ed all’aise quella sul cs – quantomeno per esperienza storica nel settore, formazione del personale,patrimonio informativo ed archivistico difficilmente condivisibile- organizzazioni terroristiche esogene e controproliferazione,oltre all’impegno a favore dei contingenti dispiegati in teatro, assicurando, in ogni caso, la giusta ed indispensabile collaborazione fra entrambe le “ditte”.
senza entrare nel merito del problema forze di polizia, da tempo è allo studio – penso sia notorio – il transito dell’arma alle dipendenze del ministero dell’interno, pur conservando lo status militare equale migliore catalizzatore della necessità di ridurre i costi??
grazie dell’ospitalità.
Caro Rottamato buonasera
Una domanda/riflessione (come sempre assolutamente non provocatoria): ritieni che l’implementazione della 124, e della “suddivisione territoriale”, abbia prodotto una perdita di competenze?
Concordo in pieno con rottamato, infatti hai la stessa mia idea in merito, non ha senso emulare i servizi di altri paesi (spesso efficientissimi) se nel nostro storicamente le divisioni strategiche erano “lavoretti interni” e quantomeno “civili” (vedasi infiltrazioni in organizzazioni criminali e quant’altro..) per l’ex Sisde, e cose ben più delicate quando il “cattivo” era estero, in casa o fuori porta.. all’ex Sismi. Un bel giorni ci siamo ritrovati a fare la scatola di cartone (come fanno in USA) e spostarci in una sede ‘civilizzata’ con tanto di nuovo parcheggio, e abbiamo scoperto i nostri nuovi capi a cui già stavamo antipatici a prescindere perche provenienti da quella che era la temuta e segretissima “palazzina”, la concorrenza in casa. Ad oggi questo malumore e disappunto degli interni ha portato solo un estrema cautela nel fare il proprio lavoro, della serie : lo faccio proprio se me lo ordinano e non ho la scusa eccellente per demandare.. altrimenti meglio stare fermi immobili (chi non fa nulla o pochissimo non rischia di commettere tanti errori). Insomma tutti superveloci ed abili ad evitare il siluro.. che ogni mattina parte dall’ufficio e sicuramente prima di sera centra qualcuno in pieno, quello meno astuto, l’ultimo arrivato o quello troppo distratto dal suo ego.
Nell’Arma invece si iniziano a fare sondaggi interni, e chi è Fedele nei Secoli, se potrà scegliere non andrà di certo sotto il comando di uno sceriffo abbronzato.. Già stare sotto al Superpoliziotto è dura per chi ha le stellette, figuriamoci fondere due corpi che non hanno mai avuto voglia e volontà di collaborare, l’uno sempre “meglio” dell’altro.
La Polizia venne smilitarizzata anni fa per difendere “meglio” lo Stato e fare anche da bilanciamento con la parte militare gestita dall’Arma (all’epoca avere due polizie militari poteva alimentare tensioni che potevano sfociare in un colpo di Stato…). A voi analisti ed esperti di queste cose, chiedo : ma non avete timore che una “sola” Polizia (Eurogendfor?), come un solo “servizio segreto” (Dipartimento Sicurezza Nazionale?), possano essere di nuovo un pericolo per un equilibrio democratico? Altro che timore di colpi di stato, sembra tornare ai tempi di Borghese 😉
” ma non avete timore che una “sola” Polizia (Eurogendfor?), come un solo “servizio segreto” (Dipartimento Sicurezza Nazionale?), possano essere di nuovo un pericolo per un equilibrio democratico? ”
a mio avviso, no.
Chiaramente…
buonasera silendo, premetto che non mi dispiacciono le novità e sono fermamente convinto della necessità di una riforma che adeguasse gli oo.ii.ss a questi tempi, ma a mio modesto parere ritengo che la suddivisione territoriale non sia stata un’ottima scelta – dettata forse più dalla politica che dalla logica e magari decisa da soggetti non esattamente competenti – ed abbia arrecato danni che richiederanno molto tempo per essere superati. ad esempio, la difficoltà a confrontarsi – anche operativamente – su argomenti nuovissimi con i servizi collegati – con tutto il rispetto per chi ha attualmente la responsabilità di settori delicati – che, tra l’altro, erano abituati da anni a interfacciarsi con le stesse persone o con quelli che subentravano , ma ne avevano assimilato la preparazione.
forse sarebbe stato meglio se la 124 avesse previsto oltre all’affidamento di un particolare e delicatissimo, e nuovissimo, settore all’aisi anche l’assegnazione a tale agenzia del personale che da anni lo seguiva e aveva maturato la indispensabile esperienza. ma tutto questo, e so di ripetermi, avrebbe richiesto la suddivisione per materia e non per territorio. di nuovo grazie per l’ospitalità e spero di non avervi annoiato.
Ciao Rottamato. Nessuna noia, tutt’altro
Ti chiedevo delle competenze proprio per capire meglio cosa intendessi. Una cosa: il modello da te proposto è, in pratica, quello della 801. O sbaglio?
Ciao Rottamato grazie per aver condiviso il tuo punto di vista, io in effetti mi sono semrpe chiesto come si poteva gestire la suddivisione per materia senza intralciarsi? Personale del sisde, per seguire un determinato filone, era costretto ad andare all’estero senza avere in loco organizzazione, informatori ecc? O si occupava della cosa unicamente quando questa metteva piede nel territorio nazionale? In questo secondo caso un’attività sismi iniziata all’estero quando arrivava sul territorio nazionale come veniva gestita? Entrambe le “ditte” continuavano a seguire la cosa? Non si poteva cadere nel classico polizia che pedina i carabinieri? E poi magari si sparano?
Certo capisco che chi ha le stellette non si adatta ad essere gestito dal poliziotto di turno anche perchè spesso le tecnologie, le modalità di lavoro ecc sono molto diverse, mentre il capo poliziotto guarda sempre un pò di sospetto il militare. Poi il poliziotto ha un’idea di penetrazione strategica, di proiezione di potenza ecc? Io credo che la 124 non sia malaccio ci sono cose buone ad esempio le “garanzie funzionali” ma capisco che va assimilata e migliorata sul campo. Credo che ha ragione il Rottamato quando dice che l’intero ufficio o divisione doveva passare nell’altra sede per travasare esperienza archivi ecc. Comunque l’idea è chiara una sta in casa l’altra all’estero ed il DIS coordina gli scambi informativi no?
buonasera a tutti.oltre alla 801, la logica avrebbe già richiesto un reale ed effettivo coordinamento da parte del cesis, il quale forse non aveva la forza di farlo, ora la 124 impone tale coordinamento. sembra che da noi non si possa fare a meno di una norma impositiva, o coercitiva, per fare qualcosa di logico se non naturale. qualcosa del genere lo si era visto, ad esempio, con l’esperienza dell’alto commissario per il coordinamento alla lotta alla delinquenza mafiosa.
ho volutamente scritto per esteso il nome di quell’ufficio per sottolineare che anche in quel caso solo con la legge che lo ha riformato all’epoca della designazione a tale incarico del dott sica quel coordinamento ebbe una veste giuridica reale che consentì di realizzarlo, almeno in parte e solo con la gestione del dott.sica, anche se l’intestazione di quell’ufficio non era affatto mutata.
tornando all’osservazione del padrone di casa, non vorrei un ritorno alla 801, peraltro figlia della fretta e di quei tempi ( certo è in ottima compagnia…..), ma avrei visto meglio una suddivisione per materia, sempre con la piena e sincera collaborazione fra le due agenzie, come previsto dalla 124 e regolamenti vari. tra l’altro sarebbe assurdo cooperare con servizi esteri ( alleati, ricordiamolo sempre, mai amici) ed avere remore o pregiudizi nei confronti dell’agenzia sorella. si, lo so, ne abbiamo visto di film strani anche in questo settore oltre che nelle famiglie di origina, ma si può e si deve cambiare, visto che serviamo lo stellone.
vorrei aggiungere che non è sempre difficile collaborare fra militari-almeno come origine- e funzionari civili o accettare che chi ha la responsabilità del comando abbia un’altra estrazione. a mio parere è sempre un problema legato alle persone, almeno sulla base della mia esperienza professionale. del resto, mi sembra che si vada verso un unico servizio, pardon: agenzia. anzi in parecchi pensarono che con la 124 fosse nato IL servizio:il dis. cordiali saluti a tutti.
Ma qualcuno a sentore di quando si ricomincia a reclutare, o meglio a decretare “fresh meat”?
Continuando la recensione stampa:
Gli 007 italiani avvertono il Parlamento: possibile un ritorno delle Br, la Mafia guarda al Centro-Nord
La crisi economica è ritenuta dal movimento antagonista una “favorevole opportunità” per “radicalizzare il disagio sociale”, ma la congiuntura appare anche “destinata ad accrescere i margini di infiltrazione criminale nel tessuto produttivo e imprenditoriale”. E’ questo uno dei pericoli evidenziati dai nostri Servizi segreti nella relazione 2011 presentata al Parlamento.Possibile un ritorno delle Br – Ma i temi incandescenti non si fermano a questo. Non è affatto escluso infatti che reduci delle Br o soggetti comunque attratti dalla lotta armata “tentino di aggregarsi per eseguire e rivendicare attacchi, anche se non di elevato spessore, contro simboli del potere costituito”, riferiscono i rappresentanti degli 007 italiani. I nostri servizi segreti definiscono l’esperienza brigatista in una “fase critica” poiché i suoi seguaci sono “numericamente esigui, frammentati e marginali”. Ma ciò non significa che la minaccia sia scomparsa. La crisi economica viene infatti vista in quegli ambienti come “sintomo dell’ineludibile declino del capitalismo”: per gli irriducibili e gli emuli delle Br, dunque, ci sono le “condizioni favorevoli” per alimentare lo scontro tra borghesia e proletariato. Ed infatti proprio dagli irriducibili chiusi nelle carceri, scrivono gli 007, sono arrivate “indicazioni” a chi é fuori di “orientare in una prospettiva di classe” i conflitti sociali. “Sembra dunque emergere la possibilità che i circuiti in questione – affermano i servizi segreti – intensifichino gli sforzi nei confronti delle ‘nuove leve’, sensibili alla lotta radicale, per favorirne la maturazione politica” ma anche per attirarle verso “progetti eversivi di lungo periodo”. In questo quadro si collocano i possibili nuovi attacchi. Che avrebbero un duplice obiettivo: “mantenere alta la tensione e verificare la ‘risposta’ delle altre componenti interessate ad intraprendere la lotta armata”.
La Mafia guarda al Centro-Nord – Per quanto riguarda la mafia, invece, “i sodalizi mafiosi sono intenzionati a proiettare le loro attività criminali verso le regioni più ricche del centro nord” ed è “prevedibile” che “incrementino la ricerca di contatti e mediazioni per l’inserimento di propri referenti nei circuiti decisionali territoriali”. In particolare “i gruppi ‘ndranghetisti appaiono determinati a intensificare l’esercizio di pressioni collusive e corruttive volte a condizionare le strutture amministrative di governo del territorio non solo nella regione di origine, ma soprattutto in quelle di proiezione del centro-nord, al fine di inserirsi negli appalti e subappalti relativi alle più importanti opere pubbliche, specie quelle stradali, autostradali, ferroviarie e portuali”. Riguardo alla camorra, il cartello casalese “ha sviluppato cospicui interessi economici” specie “in Emilia Romagna, Lazio, Umbria e Abruzzo”.
I rischi della Rete – Il web sta diventando sempre più terreno di propaganda per le teorie terroristiche, ma anche un luogo di attacco, con azioni di disturbo e hackeraggio, e di spionaggio, anche industriale. Nel complesso, la “minaccia cibernetica” ha fatto registrare una crescita esponenziale. La rete compare in diversi paragrafi dedicati alle varie forme di eversione. Riguardo al terrorismo islamico “nel corso del 2011 – è scritto nella relazione – è apparso sempre più visibile l’impegno profuso (su web-forum, blog d’area e social network) da un’eterogenea galassia di internauti musulmani italiofoni (italiani convertiti inclusi), sia per propagandare ideologie estremiste, favorendo la radicalizzazione di correligionari, sia per consolidare reti di relazioni sul nostro territorio e all’estero”.
Made in Italy a rischio colonizzazione – Ma ci sono anche alcun effetti di carattere economico rispetto ai quali i servizi segreti vogliono sollevare l’attenzione. La crisi economica sta mettendo il ‘made in Italy’ a rischio di colonizzazione straniera. La congiuntura ha reso più vulnerabile il tessuto imprenditoriale italiano rispetto allo spionaggio industriale che potrebbe costituire un “serio danno alla sicurezza e alla competitività del sistema Paese”. I servizi registrano “un particolare attivismo di operatori economici stranieri nei settori dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’energia”. Si registra la crescente presenza di operatori dell’Est Europa nella distribuzione del gas e prodotti petroliferi. Ma il rischio arriva anche dall’Asia, i cui operatori, attratti dal brand manifatturiero italiano, potrebbero incrementare i piani di investimento nel Belpaese. Inoltre, prosegue la relazione, “competitors stranieri, soprattutto orientali, potrebbero tentare di accedere a progetti di ricerca nazionali e di acquisire nuovi moduli di tecnologia innovativa”. Questa progressiva espansione economica conta sul crescente supporto di banche asiatiche che, in futuro, potrebbero erodere significative quote di mercato agi operatori italiani.
Evasione fiscale – “Le acquisizioni informative sembrano delineare un incremento dell’evasione fiscale, soprattutto in materia di Iva, e delle frodi finanziarie, che hanno interessato fasce sempre più ampie di soggetti. Anche il fenomeno dell’esportazione di capitali è valutato in una fase di accentuato dinamismo. Le organizzazioni criminali – continua la relazione – così come quelle terroristiche, hanno sviluppato sempre più sofisticate modalità operative per la movimentazione, il riciclaggio e il reinvestimento dei capitali illeciti”.
Personale armato contro i pirati – Un altro capitolo di estrema attualità è quello dei pirati sempre più attivi nel Mar Arabico e nell’oceano Indiano. Gli 007 definiscono “strumento particolarmente efficace e dissuasivo” l’impiego di personale armato a bordo dei mercantili in transito nei mari a rischio.
Sotto la lente di ingrandimento dei Servizi anche la situazione di alcuni focolai di tensioni internazionali.
Siria – Il perdurare della crisi in Libia “sta erodendo sensibilmente” le basi del sistema di potere in Siria e, qualora l’opposizione riuscisse ad elevare ulteriormente il livello delle azioni armate contro le forze regolari, il Paese “potrebbe subire una progressiva deriva verso la guerra civile”, si legge nella relazione.
Libano – In Libano “si confermano i rischi per Unifil”, la missione dell’Onu da poco tornata sotto comando italiano. Si sottolineano le “possibili ripercussioni” sul territorio libanese della crisi siriana oltre che della “evoluzione del confronto israelo-palestinese”.
Libia – Gli sviluppi del processo di transizione in Libia “restano legati alla capacità rappresentativa e unificante del Cnt, in un’ottica di ricomposizione delle diverse istanze che, qualora disattese, potrebbero innescare spinte fortemente destabilizzanti, anche in considerazione della gran quantità di armi detenute dalla popolazione”.
Afghanistan – In Afghanistan, dove “la cornice di sicurezza si è mantenuta estremamente precaria”, “resta elevato il livello della minaccia” per i militari italiani. Secondo i Servizi “gli elementi di criticità del 2011 sembrano destinati a perdurare nel breve-medio termine”. Ciò vale, scrivono i servizi, anche per il processo di transizione, che “rischia di fallire in assenza di adeguati progressi in tema di governance e sviluppo socio-economico”.
Tiscali 27 febbraio 2012
ROTTAMATO per caso hai qualche informazione in piu’ sul ricorso e sulla sentenza del TAR del LAZIO che riguardava i 250 dipendenti oggetto del Turn Over …. ?
B.A.
NUOVA SEDE A PIAZZA DANTE !!!!
http://www.difesa.it/Sala_Stampa/rassegna_stampa_online/Pagine/PdfNavigator.aspx?d=16-03-2012&pdfIndex=21
B.A.
P.S.
Silendo non riesco a trovare più l’articolo (giornale era panorama o l’espesso con foto del ….) che parlava della sede dell’AISI nella periferia romana .
Mi potresti dare un aiutino ? Acqua …fuochino …fuoco eccc.
Babbano, mi dispiace ma questo articolo proprio non lo ricordo
Silendo,
ma queste notizie alla stampa non fanno correre il rischio che si ferma tutto per la reazione del Comitato di Quartiere come accaduto in passato per in Via Carlo Tavolacci zona Trastevere che prevedeva la ristrurazione dell’intero edificio su progetto dell’Architetto Mario Occhiuto ?
B.A.
Mah… no, non credo si corra questo pericolo.
Tre anni di lavori, spuntano reperti antichi e un tunnel dell’ epoca di Mussolini. Le proteste degli abitanti
Piazza Dante, arrivano i Servizi
Parte il cantiere «segreto», il bunker nel rifugio della II guerra mondiale
//
Cartelli con divieti di sosta senza alcuna spiegazione. Lavori di ristrutturazione partiti senza i riferimenti ai permessi edilizi. Un giardino pubblico parzialmente requisito per i cantieri. Nessuno, dai residenti ai vigili urbani, sa che cosa sta succedendo. Sono i lavori di ristrutturazione del Palazzo delle Casse di Risparmio Postali a piazza Dante, nel cuore dell’ Esquilino. Il palazzo dovrebbe diventare la nuova sede dei servizi segreti, pare di quelli civili. E su tutti i lavori c’ è il segreto di Stato, imposto dal Viminale anche sul ritrovamento di reperti archeologici. E gli abitanti sono infuriati: da un giorno all’ altro sono spariti centinaia di parcheggi e il giardino di piazza dante non ha più l’ area con i giochi per i bambini. Gli abitanti si sono riuniti in associazioni ma le loro proteste si scontrano con gentilezza e fermezza: di fatto piazza Dante è requisita.
Pagina 1
(9 marzo 2012) – Corriere della Sera
B.A. … BOH !!!!
La casa delle spie<!– –>
Due camere e servizi, ovviamente segreti. E c’è anche un superattico in cristallo nella nuova “Langley de noantri” nel bel mezzo di Roma
di Michele Masneri | 11 Aprile 2016 ore
Di quanti metri quadri ha bisogno una spia? Due camere e servizi? Ecco, nella fondamentale miniserie televisiva in onda sulla Bbc, “The night manager”, tratta da un romanzo di John Le Carré, protagonista un bellone portiere di notte che si improvvisa spietato spione ai danni di un mercante d’armi impersonato da Hugh Laurie (il dottor House, qui cattivissimo), ma coprotagonista come al solito è la sede, la fatiscente ma operativa sede dei servizi segreti inglesi, River House, sorta di tempio assiro-babilonese sul Tamigi, già protagonista immobiliare anche dell’ultimo 007, “Spectre” in cui invece viene fatta implodere tipo ecomostro.
Invece a Roma si prepara un quartier generale nuovo di zecca per gli 007 italici. E’ quasi pronto infatti il palazzone dei Servizi a piazza Dante, deep Esquilino, non lontano dalla stazione, cantiere incessante che trasformerà il maestoso edificio umbertino delle Casse di risparmio postali nell’ufficio unificato di Dis, Aise e Aisi, cioè il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna e quella per gli interni: insomma la Trilateral delle spie italiane, per la prima volta riunite sotto un unico tetto: col più grande trasloco di burocrazie ancorché segrete della storia repubblicana. Mille dipendenti almeno, dicono al Foglio ambienti del Dipartimento della sicurezza, nel palazzo eretto nel 1914 dall’architetto Rolland, progettista del teatro-cinema Adriano e papà del grande Luigi Moretti, archistar razionalista immaginifica a chilometri zero che nacque e tutta la vita abitò a via Napoleone III (papà ufficioso, tanto che non gli tramandò il nome).
Il palazzo, 11.182 metri quadrati, un dado di cento metri per lato, alto 28 metri, “un monumento della nuova Italia all’operosità e all’avvenire del suo popolo” come disse all’epoca il sottosegretario alle Poste Augusto Battaglieri inaugurandolo, oggi è imbiancato e quasi restaurato, dovrebbe aprire ad agosto (“ma è più probabile all’inizio del nuovo anno”, dicono al Foglio spie qualificate), ha superato le proteste dei vicini per rumori e tremori del suolo, e diffusione di leggende metropolitane visto il committente inquietante e mitologico, i Servizi segreti. Si è detto in particolare che nel sottosuolo siano posti vasti depositi d’armi; falso, però ci sarà un grande parking laddove vi era un famoso rifugio antiaereo durante la Seconda guerra mondiale (di qui le indicazioni “piazza Dante”, in giallo e nero, d’epoca, sparse per tutta la città, quasi come quelle veltroniane di “Auditorium”, visibili secondo alcuni burloni anche sulla Luna).
Secondo il giornale "Il cielo sopra Esquilino", espressione della società civile merulana, “gli occhi dei residenti sono abituati a palizzate, strade interdette, viavai di camion e altri mezzi pesanti”. Alcuni sollevano rilievi poi sull’opportunità di piazzare la “Langley de noantri”, come viene soprannominata citando la sede Cia americana, proprio nel mezzo di una piazza del centro, ben visibile da ogni lato grazie anche a una superfetazione di cristallo, un piano attico nuovo di zecca in vetro luminescente, che riflette già i magnifici tramonti esquilini e avrà una visuale celestiale su San Giovanni e i colli fatali, però in tanti si chiedono se vista la cubatura del mammozzone c’era bisogno di aggiungere questo attico sberluccicante. Ma forse tutta questa vetratura simboleggia la nuova trasparenza dei Servizi, per la prima volta riuniti in coabitazione, forse il cristallo darà quel tocco “d’antico e moderno che è la bellezza de Roma”, come diceva Franca Valeri in “Parigi o cara”; però se lo si guarda dalle strette vie dei poeti (Petrarca, Machiavelli, Leopardi, che conducono alla piazza) effettivamente il palazzone segreto pare una Costa Crociere gigante in quelle foto “No grandi navi”, che si vede dagli scorci veneziani e fa un po’ paura.
L’attico delle spie è peraltro legittimo – i Servizi trasparenti e cristallini per il loro attico non hanno invocato la sicurezza nazionale, e pur potendo derogare la qualunque non hanno derogato, ma hanno invece collaborato con la Soprintendenza (chissà se derogavano). Adesso la Nave dei Servizi è lì ed è quasi pronta al varo, e a chi obietta che normalmente i Servizi li mettono in luoghi isolati e nascosti, che “c’è un problema oggettivo di sicurezza”, e “piazzano nel cuore della città un obiettivo perfetto”, come dice un esperto della materia, le spie replicano desolate: “Ma mica potevamo andare a Zagarolo”, come dice sempre al Foglio una spia; le nostre sedi sono note, del resto, e in fondo anche il palazzone londinese dell’MI6 è da sempre “il segreto peggio conservato di Londra, noto a ogni tassista o 007 estero”.
Questo trasloco permette di cancellare una decina di uffici in giro per Roma, con notevoli risparmi forse anche di traffico (la Nave dei Servizi nuova di zecca è di proprietà di Cassa depositi e prestiti). Dunque un ottimo investimento, come dicono le agenzie immobiliari, e insomma le spie si stringeranno nella nuova sede terrazzatissima e “per amatori”. Di certo ora bisognerà sloggiare però tutta la comunità sorta spontaneamente sotto il palazzone, in un parchetto leggiadro di palme e lecci che funge da bivacco per un’umanità alcolica e variegata. Anche oggi, basta entrare e sotto una targa “Securitalia area video sorvegliata”, in quello che dovrebbe essere il parco più monitorato d’Italia, ecco siringhe in gran quantità e giacigli di volantini Expert; e vuoti di Peroni e Tavernello, mentre al centro della piazza due scivoli per bambini scarabocchiati e vandalizzati; su uno è seduto Joy, trentenne indiano, fa il badante, ci dice “sto aspettando un amico, qui di giorno è sicuro ma poi la sera arrivano i peruviani, quelli sono cattivissimi, bevono, fanno di tutto”. Intanto un altro signore si tira giù le mutande e fa la pipì davanti a me, mentre parlo con Joy.
Però intanto ’sta Langley cambia la geografia delle spie romane: il palazzone “non ospiterà funzioni operative”, dunque niente poligoni bensì tanti archivi, dicono sempre le mie amiche spie; e rimarranno alcune sedi, ufficiali e segrete, sparse per la città, che hanno creato soprattutto mitologia e letteratura in questi anni. A partire dal Forte Braschi, al quartiere Trionfale, sede dell’Aise, forte ottocentesco impenetrabile ove allignano varie leggende metropolitane; soprattutto che vi sia un tunnel segreto che porta sotterraneamente fino agli altri palazzi del potere e soprattutto a Civitavecchia; la scoperta, di questo fantomatico tunnel, si ebbe nel 1997, quando – pare – un gruppo di operai scavando verso la Pineta Sacchetti trovò una cavità segreta, da cui scaturirono alcuni uomini armati come i russi ipogei a Villa Ada nel romanzo di Ammaniti “Che la festa cominci”. L’episodio non fu verificato, ma si trascinò in sedi come si dice istituzionali, la polizia disse trattarsi di normali cunicoli che attraversano la città, vecchie fognature. Le Ferrovie dello stato dissero che si trattava della costruenda Alta velocità. Il deputato di An Marco Zacchera non si accontentò, chiese lumi al governo, sostenendo che dallo stesso tunnel uscirono dei carabinieri il giorno del rapimento Moro, vent’anni prima. Il presidente della Camera Luciano Violante ironizzò: “Il tunnel? Utile in caso di traffico”. Non se ne fece più niente, mentre non fu mai verificata nemmeno la leggenda che voleva a Forte Braschi anche un piccolo zoo, con gazzelle e cerbiatti, voluto dagli ufficiali dei Servizi per sentirsi forse meno soli, per fare pet therapy.
Del resto ogni spia ha il suo gusto, a partire dall’arredo, che cambia negli anni. Nel 1993, mentre la Prima Repubblica moriva, assai dolcemente, a via Giovanni Lanza, altra sede fondamentale delle nostre spie, ufficio dell’Aisi già Sisde che oggi verrà abbandonata in favore del mammozzone cristallino, scoppiava il caso appunto della “Banda del Sisde”, storia di ruberie molto da commedia all’italiana, con personaggi chiamati “Er cinese” e “La Zarina”, e protagonisti con cognomi ortofrutticoli come Broccoletti, o Finocchi. Maurizio Broccoletti, direttore amministrativo, nella sua villa di Rieti si era fatto fare la “sala hobby” o tavernetta, ricordava Filippo Ceccarelli sulla Stampa negli anni Novanta. La Zarina – un’anziana segretaria, perché le spy story romane difficilmente potrebbero finire sullo schermo in saghe serie e sexy – fu accusata anche d’aver usato fondi riservati per volare in Sudamerica a conoscere la star di una soap opera cui era assai devota. Mentre Michele Finocchi, già capo di gabinetto del Sisde, venne fuori anche nel delitto dell’Olgiata, ville di altra cubatura e standing, anche se poi non c’entrava nulla, perché era amico della contessa assassinata Alberica Filo della Torre, ma del resto avere un amico o un parente nei Servizi a Roma, tra civili e militari e deviati è come avere un conoscente che ha lavorato con Fellini.
Spionaggio diffuso, nell’entropia romana, da sempre: mitomanie, leggende, quel negozio di tendaggi sede in realtà del Kgb di fronte a Botteghe Oscure; oggi anche mobilitazioni in chiave anti-Isis: e così ci è capitato di assistere, sotto Natale, a uno strano corso di controspionaggio di base organizzato per tassisti, era stato reclamizzato da una Ecole universitaire internationale, misteriosa srl fiorentina, e dal comitato Difendiamo Roma, capeggiato dal consigliere regionale de La Destra Fabrizio Santori. Era appena avvenuto l’attentato a Parigi e Roma era piombata nella dimensione dell’allarme, e si era andati, un sabato, in un appartamento a San Lorenzo, si era in sedici, tutti tassisti, e un istruttore bresciano misteriosissimo ma che lasciava intendere d’essere naturalmente dei Servizi istruiva i tassinari a notare comportamenti strani, ad apprendere nozioni anti guerriglia, a diventare efficienti sentinelle antiterrorismo. “In caso di esplosione o bomba, i telefonini non andranno, dovrete comunicare col cb, il baracchino, sul canale 35”, avvertiva il misterioso coach. “Dovete tenere l’insegna luminosa sempre accesa, perché sarà da guida tra le polveri dell’esplosione”. Poi insegnava a riconoscere atteggiamenti sospetti, e i tassisti facevano uno stream of consciousness: “Ma certo: quello col cappello africano e un pacco di soldi, salito l’altro giorno”; “quella coppia che salita a Fiumicino fino al centro ha ripreso con le telecamere tutto il paesaggio”. Io ho provato a parlare francese perché ho vissuto quattro anni in Francia, allora si sono messi a parlare proprio arabo stretto”, diceva il tassista della cooperativa Samarcanda. “Io ho fatto il Kosovo” diceva un collega che mostrava di saperla lunga su gas tossici e tecniche di antiguerriglia. “Aho, io ho fatto il Quadraro”, rispondeva una signora tassinara, mostrando l’ironia romana che tutto ingloba, e che forse ci salverà anche dagli attentati.
Sgangheratezze forse garanti di un equilibrio, come se la realtà e l’essenza dei nostri Servizi, bonariamente casinara, incidesse sulla realtà, romanizzandola. Golpi seri, anche da parte dei servizi più deviati, non ce ne furono del resto mai; molte deviazioni, e tante aspirazioni, generalmente piccolo borghesi: le nostre spie prendevano la strada del tinello, con angolo cottura. E se oggi si fanno l’attico di vetro decostruttivista, ispirato da qualche Fuksas visto sulle riviste, negli anni Novanta l’archistar dei Servizi, quell’Adolfo Salabé che accompagnava dai tappezzieri Marianna Scalfaro, figlia del presidente della Repubblica, aveva creato un’estetica dei servizi più classica. “Sobrio, elegante, inglese, un po’ datato”, viene definito lo stile di questo architetto che si era laureato a cinquant’anni, in “Premiata ditta servizi segreti”, di Paola Bolaffio e Gaetano Savatteri (Arbor Editore). “Librerie in massello, colori scuri, rossi antichi, drappi ma nessuna pesantezza, tessuti delicati e costosi, tende lunghe fino al pavimento, fratine cinquecentesche, tavoli a lastre di cristallo sorrette da rari capitelli, lumi liberty, colonne in marmo”; era lo stile di Salabé, autore tra l’altro dell’interior decoration del Borgo Paraelios, resort (ma non si diceva ancora così) a Poggio Catino, località poco esotica in provincia di Rieti, dove andavano a villeggiare i nostri 007, alternati a convention di democristiani in estinzione. C’era anche uno spinoff balneare, tanto piaceva lo stile di Salabé, l’inferior decorator delle spie; un “Baja Paraelios” questa volta a Tropea, in Calabria, in convenzione col Sisde “a 120 miloni di lire l’anno”, e dotato di “sale da gioco, bocce, parcheggio interno ed esterno”. Per chi voleva rimanere nei paraggi, a Fiumicino era ormeggiato invece lo yacht “Islamorada”, per piccole crociere da fermi, in dotazione al Sismi, come narrò sempre Ceccarelli.
Per chi doveva restare in città, invece, c’era un’altra sede, quella di largo Santa Susanna (che rimarrà, nonostante l’attico), verso via Veneto, oggi ufficio del Dis, in un quartiere ricco di suggestioni; al vicino hotel Excelsior dimorava Licio Gelli a Roma, mentre accanto, a via Barberini 86, nel 1968 ci fu lo strano suicidio del colonnello Renzo Rocca, cassiere dei fondi riservati del Sifar (Servizio informazioni forze armate, le spie italiane sono appassionate di acronimi); il colonnello – era estate – aveva appena comprato prosciutto e melone da portare a casa, quando decise di spararsi o farsi sparare con una Beretta dal manico di madreperla che fu ritrovata tra i prosciutti.
E del resto il mistero e lo spionaggio romano pare più adatto, se non ai classici tarallucci e vino, almeno a degli affettati; e il gaddiano commendator Angeloni, sospettato e pedinato nel “Pasticciaccio” dal commissario Ingravallo proprio per certi “presciutti” che si faceva portare da dei garzoni minorili da via Panisperna, è sicuramente figura letteraria più credibile in una spy story romana, rispetto per esempio al protagonista algido del “Night manager” della Bbc impersonato dall’inglese Tom Hiddleston (che si dice in lizza per fare il prossimo James Bond).
Intorno a via Veneto, poi, tanti ristoranti amati da una spia romana d’eccezione: l’intelligence capitolina aveva generato infatti un bizzarro personaggio, Federico Umberto d’Amato, per trent’anni il più autorevole funzionario dell’Ufficio affari riservati del ministero dell’Interno; ma soprattutto gastronomo, autore di una storica rubrica di cucina sull’Espresso, e della sua prima guida culinaria. Nel suo libro “Menu e dossier, ricordi e divagazioni di un poliziotto gastronomo”, D’Amato spiega la sua poetica: “E’ evidente come la buona tavola sia uno strumento efficace per queste attività spionistiche”. “Gli agenti informativi sono i migliori clienti dei ristoranti perché sono habitués con frequenti presenze, conoscono la buona cucina e prescelgono i cibi e i vini più costosi (tanto, paga il servizio)”, scrive lo 007. Segue graduatoria tra i migliori commensali (al primo posto gli agenti belgi, mentre i russi si impadroniscono subito dei segreti locali “altrimenti non mi spiegherei la sicurezza con cui un funzionario del Kgb, da poco arrivato a Roma, ordinava dinanzi a me carciofi alla giudia”.
D’Amato ricorda soprattutto un pranzo, un pranzo di Babette per spie, una riunione dei servizi di tutta Europa organizzata in un ristorante sul Lungotevere: “Sui tavoli feci disporre nove grandi zuppiere di pasta” in bianco, che venivano continuamente riempite, e poi su un altro tavolo “le salsiere contenenti salsa di pomodoro e basilico, ragù napoletano e bolognese, pesto genovese, salsa di vongole veraci, sugo di lepre, arrabbiata”, “ognuno si serviva a gusto suo, combinando salse e paste secondo le ricette ortodosse o, trattandosi di stranieri, secondo accostamenti stravaganti”. “Un pranzo che è ancora ricordato negli annali dei Servizi speciali” scriveva la spia gourmand. Un mondo di pastasciuttari, quello dei Servizi romani, forse: però intanto attentati pochissimi; e che sceneggiature già belle e pronte, soprattutto. Anche da esportazione, per chi volesse, tra Ian Fleming e Cucine (con servizi) da incubo.
Ho sempre pensato che "La storica rubrica di cucina" sull’Espresso tenuta da Federico Umberto d’Amato per trent’anni servisse all'autore solo per inviare messaggi in modo sicuro ai dei suoi fidati collaboratori.
Aspetto fiducioso un libro che riveli finalmente le chiavi di lettura in termini spionistici di quelle famose ricette
Intanto MI6 vuole aumentare il personale di 1000 unità entro il 2020.
http://www.independent.co.uk/news/uk/home-news/mi6-uks-secret-service-will-take-on-an-extra-1000-personnel-by-2020-a7321791.html
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Il Foglio Tv
Gary Oldman nel film “La talpa”, che Tomas Alfredson ha tratto nel 2011 dall’omonimo classico dello spionaggio di John Le Carré
Di quanti metri quadri ha bisogno una spia? Due camere e servizi? Ecco, nella fondamentale miniserie televisiva in onda sulla Bbc, “The night manager”, tratta da un romanzo di John Le Carré, protagonista un bellone portiere di notte che si improvvisa spietato spione ai danni di un mercante d’armi impersonato da Hugh Laurie (il dottor House, qui cattivissimo), ma coprotagonista come al solito è la sede, la fatiscente ma operativa sede dei servizi segreti inglesi, River House, sorta di tempio assiro-babilonese sul Tamigi, già protagonista immobiliare anche dell’ultimo 007, “Spectre” in cui invece viene fatta implodere tipo ecomostro.
Invece a Roma si prepara un quartier generale nuovo di zecca per gli 007 italici. E’ quasi pronto infatti il palazzone dei Servizi a piazza Dante, deep Esquilino, non lontano dalla stazione, cantiere incessante che trasformerà il maestoso edificio umbertino delle Casse di risparmio postali nell’ufficio unificato di Dis, Aise e Aisi, cioè il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna e quella per gli interni: insomma la Trilateral delle spie italiane, per la prima volta riunite sotto un unico tetto: col più grande trasloco di burocrazie ancorché segrete della storia repubblicana. Mille dipendenti almeno, dicono al Foglio ambienti del Dipartimento della sicurezza, nel palazzo eretto nel 1914 dall’architetto Rolland, progettista del teatro-cinema Adriano e papà del grande Luigi Moretti, archistar razionalista immaginifica a chilometri zero che nacque e tutta la vita abitò a via Napoleone III (papà ufficioso, tanto che non gli tramandò il nome).
Le Casse di risparmio postali in piazza Dante, Roma (foto vaccarinews)
Il palazzo, 11.182 metri quadrati, un dado di cento metri per lato, alto 28 metri, “un monumento della nuova Italia all’operosità e all’avvenire del suo popolo” come disse all’epoca il sottosegretario alle Poste Augusto Battaglieri inaugurandolo, oggi è imbiancato e quasi restaurato, dovrebbe aprire ad agosto (“ma è più probabile all’inizio del nuovo anno”, dicono al Foglio spie qualificate), ha superato le proteste dei vicini per rumori e tremori del suolo, e diffusione di leggende metropolitane visto il committente inquietante e mitologico, i Servizi segreti. Si è detto in particolare che nel sottosuolo siano posti vasti depositi d’armi; falso, però ci sarà un grande parking laddove vi era un famoso rifugio antiaereo durante la Seconda guerra mondiale (di qui le indicazioni “piazza Dante”, in giallo e nero, d’epoca, sparse per tutta la città, quasi come quelle veltroniane di “Auditorium”, visibili secondo alcuni burloni anche sulla Luna).
Secondo il giornale "Il cielo sopra Esquilino", espressione della società civile merulana, “gli occhi dei residenti sono abituati a palizzate, strade interdette, viavai di camion e altri mezzi pesanti”. Alcuni sollevano rilievi poi sull’opportunità di piazzare la “Langley de noantri”, come viene soprannominata citando la sede Cia americana, proprio nel mezzo di una piazza del centro, ben visibile da ogni lato grazie anche a una superfetazione di cristallo, un piano attico nuovo di zecca in vetro luminescente, che riflette già i magnifici tramonti esquilini e avrà una visuale celestiale su San Giovanni e i colli fatali, però in tanti si chiedono se vista la cubatura del mammozzone c’era bisogno di aggiungere questo attico sberluccicante. Ma forse tutta questa vetratura simboleggia la nuova trasparenza dei Servizi, per la prima volta riuniti in coabitazione, forse il cristallo darà quel tocco “d’antico e moderno che è la bellezza de Roma”, come diceva Franca Valeri in “Parigi o cara”; però se lo si guarda dalle strette vie dei poeti (Petrarca, Machiavelli, Leopardi, che conducono alla piazza) effettivamente il palazzone segreto pare una Costa Crociere gigante in quelle foto “No grandi navi”, che si vede dagli scorci veneziani e fa un po’ paura.
L’attico delle spie è peraltro legittimo – i Servizi trasparenti e cristallini per il loro attico non hanno invocato la sicurezza nazionale, e pur potendo derogare la qualunque non hanno derogato, ma hanno invece collaborato con la Soprintendenza (chissà se derogavano). Adesso la Nave dei Servizi è lì ed è quasi pronta al varo, e a chi obietta che normalmente i Servizi li mettono in luoghi isolati e nascosti, che “c’è un problema oggettivo di sicurezza”, e “piazzano nel cuore della città un obiettivo perfetto”, come dice un esperto della materia, le spie replicano desolate: “Ma mica potevamo andare a Zagarolo”, come dice sempre al Foglio una spia; le nostre sedi sono note, del resto, e in fondo anche il palazzone londinese dell’MI6 è da sempre “il segreto peggio conservato di Londra, noto a ogni tassista o 007 estero”.
E poi questo trasloco permette di cancellare una decina di uffici in giro per Roma, con notevoli risparmi forse anche di traffico (la Nave dei Servizi nuova di zecca è di proprietà di Cassa depositi e prestiti). Dunque un ottimo investimento, come dicono le agenzie immobiliari, e insomma le spie si stringeranno nella nuova sede terrazzatissima e “per amatori”. Di certo ora bisognerà sloggiare però tutta la comunità sorta spontaneamente sotto il palazzone, in un parchetto leggiadro di palme e lecci che funge da bivacco per un’umanità alcolica e variegata. Anche oggi, basta entrare e sotto una targa “Securitalia area video sorvegliata”, in quello che dovrebbe essere il parco più monitorato d’Italia, ecco siringhe in gran quantità e giacigli di volantini Expert; e vuoti di Peroni e Tavernello, mentre al centro della piazza due scivoli per bambini scarabocchiati e vandalizzati; su uno è seduto Joy, trentenne indiano, fa il badante, ci dice “sto aspettando un amico, qui di giorno è sicuro ma poi la sera arrivano i peruviani, quelli sono cattivissimi, bevono, fanno di tutto”. Intanto un altro signore si tira giù le mutande e fa la pipì davanti a me, mentre parlo con Joy.
Però intanto ’sta Langley cambia la geografia delle spie romane: il palazzone “non ospiterà funzioni operative”, dunque niente poligoni bensì tanti archivi, dicono sempre le mie amiche spie; e rimarranno alcune sedi, ufficiali e segrete, sparse per la città, che hanno creato soprattutto mitologia e letteratura in questi anni. A partire dal Forte Braschi, al quartiere Trionfale, sede dell’Aise, forte ottocentesco impenetrabile ove allignano varie leggende metropolitane; soprattutto che vi sia un tunnel segreto che porta sotterraneamente fino agli altri palazzi del potere e soprattutto a Civitavecchia; la scoperta, di questo fantomatico tunnel, si ebbe nel 1997, quando – pare – un gruppo di operai scavando verso la Pineta Sacchetti trovò una cavità segreta, da cui scaturirono alcuni uomini armati come i russi ipogei a Villa Ada nel romanzo di Ammaniti “Che la festa cominci”. L’episodio non fu verificato, ma si trascinò in sedi come si dice istituzionali, la polizia disse trattarsi di normali cunicoli che attraversano la città, vecchie fognature. Le Ferrovie dello stato dissero che si trattava della costruenda Alta velocità. Il deputato di An Marco Zacchera non si accontentò, chiese lumi al governo, sostenendo che dallo stesso tunnel uscirono dei carabinieri il giorno del rapimento Moro, vent’anni prima. Il presidente della Camera Luciano Violante ironizzò: “Il tunnel? Utile in caso di traffico”. Non se ne fece più niente, mentre non fu mai verificata nemmeno la leggenda che voleva a Forte Braschi anche un piccolo zoo, con gazzelle e cerbiatti, voluto dagli ufficiali dei Servizi per sentirsi forse meno soli, per fare pet therapy.
Del resto ogni spia ha il suo gusto, a partire dall’arredo, che cambia negli anni. Nel 1993, mentre la Prima Repubblica moriva, assai dolcemente, a via Giovanni Lanza, altra sede fondamentale delle nostre spie, ufficio dell’Aisi già Sisde che oggi verrà abbandonata in favore del mammozzone cristallino, scoppiava il caso appunto della “Banda del Sisde”, storia di ruberie molto da commedia all’italiana, con personaggi chiamati “Er cinese” e “La Zarina”, e protagonisti con cognomi ortofrutticoli come Broccoletti, o Finocchi. Maurizio Broccoletti, direttore amministrativo, nella sua villa di Rieti si era fatto fare la “sala hobby” o tavernetta, ricordava Filippo Ceccarelli sulla Stampa negli anni Novanta. La Zarina – un’anziana segretaria, perché le spy story romane difficilmente potrebbero finire sullo schermo in saghe serie e sexy – fu accusata anche d’aver usato fondi riservati per volare in Sudamerica a conoscere la star di una soap opera cui era assai devota. Mentre Michele Finocchi, già capo di gabinetto del Sisde, venne fuori anche nel delitto dell’Olgiata, ville di altra cubatura e standing, anche se poi non c’entrava nulla, perché era amico della contessa assassinata Alberica Filo della Torre, ma del resto avere un amico o un parente nei Servizi a Roma, tra civili e militari e deviati è come avere un conoscente che ha lavorato con Fellini.
Spionaggio diffuso, nell’entropia romana, da sempre: mitomanie, leggende, quel negozio di tendaggi sede in realtà del Kgb di fronte a Botteghe Oscure; oggi anche mobilitazioni in chiave anti-Isis: e così ci è capitato di assistere, sotto Natale, a uno strano corso di controspionaggio di base organizzato per tassisti, era stato reclamizzato da una Ecole universitaire internationale, misteriosa srl fiorentina, e dal comitato Difendiamo Roma, capeggiato dal consigliere regionale de La Destra Fabrizio Santori. Era appena avvenuto l’attentato a Parigi e Roma era piombata nella dimensione dell’allarme, e si era andati, un sabato, in un appartamento a San Lorenzo, si era in sedici, tutti tassisti, e un istruttore bresciano misteriosissimo ma che lasciava intendere d’essere naturalmente dei Servizi istruiva i tassinari a notare comportamenti strani, ad apprendere nozioni anti guerriglia, a diventare efficienti sentinelle antiterrorismo. “In caso di esplosione o bomba, i telefonini non andranno, dovrete comunicare col cb, il baracchino, sul canale 35”, avvertiva il misterioso coach. “Dovete tenere l’insegna luminosa sempre accesa, perché sarà da guida tra le polveri dell’esplosione”. Poi insegnava a riconoscere atteggiamenti sospetti, e i tassisti facevano uno stream of consciousness: “Ma certo: quello col cappello africano e un pacco di soldi, salito l’altro giorno”; “quella coppia che salita a Fiumicino fino al centro ha ripreso con le telecamere tutto il paesaggio”. Io ho provato a parlare francese perché ho vissuto quattro anni in Francia, allora si sono messi a parlare proprio arabo stretto”, diceva il tassista della cooperativa Samarcanda. “Io ho fatto il Kosovo” diceva un collega che mostrava di saperla lunga su gas tossici e tecniche di antiguerriglia. “Aho, io ho fatto il Quadraro”, rispondeva una signora tassinara, mostrando l’ironia romana che tutto ingloba, e che forse ci salverà anche dagli attentati.
Sgangheratezze forse garanti di un equilibrio, come se la realtà e l’essenza dei nostri Servizi, bonariamente casinara, incidesse sulla realtà, romanizzandola. Golpi seri, anche da parte dei servizi più deviati, non ce ne furono del resto mai; molte deviazioni, e tante aspirazioni, generalmente piccolo borghesi: le nostre spie prendevano la strada del tinello, con angolo cottura. E se oggi si fanno l’attico di vetro decostruttivista, ispirato da qualche Fuksas visto sulle riviste, negli anni Novanta l’archistar dei Servizi, quell’Adolfo Salabé che accompagnava dai tappezzieri Marianna Scalfaro, figlia del presidente della Repubblica, aveva creato un’estetica dei servizi più classica. “Sobrio, elegante, inglese, un po’ datato”, viene definito lo stile di questo architetto che si era laureato a cinquant’anni, in “Premiata ditta servizi segreti”, di Paola Bolaffio e Gaetano Savatteri (Arbor Editore). “Librerie in massello, colori scuri, rossi antichi, drappi ma nessuna pesantezza, tessuti delicati e costosi, tende lunghe fino al pavimento, fratine cinquecentesche, tavoli a lastre di cristallo sorrette da rari capitelli, lumi liberty, colonne in marmo”; era lo stile di Salabé, autore tra l’altro dell’interior decoration del Borgo Paraelios, resort (ma non si diceva ancora così) a Poggio Catino, località poco esotica in provincia di Rieti, dove andavano a villeggiare i nostri 007, alternati a convention di democristiani in estinzione. C’era anche uno spinoff balneare, tanto piaceva lo stile di Salabé, l’inferior decorator delle spie; un “Baja Paraelios” questa volta a Tropea, in Calabria, in convenzione col Sisde “a 120 miloni di lire l’anno”, e dotato di “sale da gioco, bocce, parcheggio interno ed esterno”. Per chi voleva rimanere nei paraggi, a Fiumicino era ormeggiato invece lo yacht “Islamorada”, per piccole crociere da fermi, in dotazione al Sismi, come narrò sempre Ceccarelli.
Per chi doveva restare in città, invece, c’era un’altra sede, quella di largo Santa Susanna (che rimarrà, nonostante l’attico), verso via Veneto, oggi ufficio del Dis, in un quartiere ricco di suggestioni; al vicino hotel Excelsior dimorava Licio Gelli a Roma, mentre accanto, a via Barberini 86, nel 1968 ci fu lo strano suicidio del colonnello Renzo Rocca, cassiere dei fondi riservati del Sifar (Servizio informazioni forze armate, le spie italiane sono appassionate di acronimi); il colonnello – era estate – aveva appena comprato prosciutto e melone da portare a casa, quando decise di spararsi o farsi sparare con una Beretta dal manico di madreperla che fu ritrovata tra i prosciutti.
E del resto il mistero e lo spionaggio romano pare più adatto, se non ai classici tarallucci e vino, almeno a degli affettati; e il gaddiano commendator Angeloni, sospettato e pedinato nel “Pasticciaccio” dal commissario Ingravallo proprio per certi “presciutti” che si faceva portare da dei garzoni minorili da via Panisperna, è sicuramente figura letteraria più credibile in una spy story romana, rispetto per esempio al protagonista algido del “Night manager” della Bbc impersonato dall’inglese Tom Hiddleston (che si dice in lizza per fare il prossimo James Bond).
Intorno a via Veneto, poi, tanti ristoranti amati da una spia romana d’eccezione: l’intelligence capitolina aveva generato infatti un bizzarro personaggio, Federico Umberto d’Amato, per trent’anni il più autorevole funzionario dell’Ufficio affari riservati del ministero dell’Interno; ma soprattutto gastronomo, autore di una storica rubrica di cucina sull’Espresso, e della sua prima guida culinaria. Nel suo libro “Menu e dossier, ricordi e divagazioni di un poliziotto gastronomo”, D’Amato spiega la sua poetica: “E’ evidente come la buona tavola sia uno strumento efficace per queste attività spionistiche”. “Gli agenti informativi sono i migliori clienti dei ristoranti perché sono habitués con frequenti presenze, conoscono la buona cucina e prescelgono i cibi e i vini più costosi (tanto, paga il servizio)”, scrive lo 007. Segue graduatoria tra i migliori commensali (al primo posto gli agenti belgi, mentre i russi si impadroniscono subito dei segreti locali “altrimenti non mi spiegherei la sicurezza con cui un funzionario del Kgb, da poco arrivato a Roma, ordinava dinanzi a me carciofi alla giudia”.
D’Amato ricorda soprattutto un pranzo, un pranzo di Babette per spie, una riunione dei servizi di tutta Europa organizzata in un ristorante sul Lungotevere: “Sui tavoli feci disporre nove grandi zuppiere di pasta” in bianco, che venivano continuamente riempite, e poi su un altro tavolo “le salsiere contenenti salsa di pomodoro e basilico, ragù napoletano e bolognese, pesto genovese, salsa di vongole veraci, sugo di lepre, arrabbiata”, “ognuno si serviva a gusto suo, combinando salse e paste secondo le ricette ortodosse o, trattandosi di stranieri, secondo accostamenti stravaganti”. “Un pranzo che è ancora ricordato negli annali dei Servizi speciali” scriveva la spia gourmand. Un mondo di pastasciuttari, quello dei Servizi romani, forse: però intanto attentati pochissimi; e che sceneggiature già belle e pronte, soprattutto. Anche da esportazione, per chi volesse, tra Ian Fleming e Cucine (con servizi) da incubo.