Ero un po' indeciso sull'argomento del primo post del 2012. Mentre mi trovavo sommerso dai documenti arretrati, in cerca di un argomento degno, l'Institute for National Strategic Studies statunitense mi ha tolto dai guai pubblicando un volume che raccoglie alcuni documenti presentati nell'ambito di una conferenza svoltasi nell'agosto del 2010, dal titolo esplicativo: "Economic Security: Neglected Dimension of National Security".
Il simposio venne organizzato dalla National Defense University per discutere dell'impatto sulla sicurezza nazionale statunitense della crisi economica. Tra i panelist rappresentanti delle istituzioni, economisti, esponenti dell'industria e ricercatori.
La parte più interessante del documento (e delle presentazioni dei relatori) è proprio il messaggio centrale del seminario: l'economia costituisce uno dei cardini della sicurezza nazionale di un Paese. In questo caso si parla degli Stati Uniti – che tra l'altro fino ad ora hanno fallito nell'integrare le politiche economiche nel decision-making della sicurezza nazionale – ma il principio è valido per qualunque Stato, Italia compresa.
Ciò richiede, quindi, una presa di coscienza da parte delle leadership nazionali ed una conseguente riorganizzazione dei processi decisionali di vertice. Anche al fine di incorporare l'elemento economico in un'unica, complessa ed integrata, strategia nazionale.
Insomma, considerate le ben note difficoltà che il sistema economico internazionale sta attraversando (Europa in primis), penso che il volume edito dalla brava Sheila Ronis possa offrire utili spunti di riflessione.
Economic Security – Neglected Dimension of National Security
rimanendo in tema di rapporto tra criticità del sistema economico di un Paese e sicurezza nazionale, pongo alla vostra attenzione il bollettino appena pubblicato dalla Banca d’Italia:
http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/bollec/2012/bolleco68/bollec68/boleco_68.pdf
il documento offre un’analisi dettagliata dell’anno lasciato alle spalle (2011) e dei primi mesi del 2012 ed evidenzia i principali punti deboli del nostro sistema economico-finanziario ma anche i miglioramenti della economia italiana, che, seppure marginali, hanno interessato alcuni settori.
tra le criticità segnalate:
— “in aprile gli spread sui titoli di Stato sono tornati ad aumentare in misura rilevante, pur restando ancora molto inferiori ai massimi raggiunti in gennaio.Sono tornate a diffondersi tra gli operatori preoccupazioni sulle prospettive di alcuni paesi dell’area. I timori di un rallentamento più pronunciato della crescita globale hanno accentuato la preferenza per i titoli dei paesi ritenuti più sicuri“;
— “nel quarto trimestre del 2011 il PIL in Italia è diminuito dello 0,7 per cento sul periodo precedente, riflettendo il calo della domanda interna […] Per i primi mesi del 2012 l’andamento degli indicatori congiunturali prefigura un’ulteriore diminuzione dell’attività produttiva”;
— “la ripresa dell’occupazione si è arrestata negli ultimi mesi del 2011″;
— “i consumi sono rimasti deboli nei mesi più recenti, soprattutto nel comparto dei beni durevoli. Gli investimenti delle imprese risentono degli ampi margini di capacità produttiva inutilizzata e della debolezza della domanda interna, nonché delle tensioni, pur in attenuazione, sulle condizioni di finanziamento”.
tra gli aspetti “positivi”:
— “nell’area dell’euro, sulla base degli indicatori congiunturali, la contrazione dell’attività economica si è attenuata nel primo trimestre dell’anno in corso“;
— “l’inflazione al consumo è scesa in marzo al 2,6 per cento sui dodici mesi, dal 3,0 nell’ultimo trimestre dello scorso anno“;
— “nel 2011 l’indebitamento delle Amministrazioni pubbliche è sceso di sette decimi di punto rispetto al 2010, al 3,9 per cento del PIL. Al netto della spesa per interessi si è registrato un avanzo di un punto percentuale del PIL” *.
* su questo punto, pur non essendo un tecnico, nutro qualche perplessità, anche perchè la crescita del PIL nel 2011 è stata molto più contenuta di quella stimata (0,4% invece che intorno all’ 1 % stimato) e perché il valore del debito sul PIL è anch’esso cresciuto rispetto alle stime (da 118,7 % a 120,1%).
La risposta è qui:
“Al netto della spesa per interessi si è registrato un avanzo di un punto percentuale del PIL”
Questo è il cosiddetto avanzo primario, un indicatore che prescinde dal costo del debito (tassi d’interesse). E’ interessante perchè in sostanza dice come lo Stato sta gestendo il rapporto spese-entrate al netto del fatto che sul debito già collocato occorre pagare gli interessi.
Dati i tassi molto elevati – in particolare la scorsa estate, quando lo spread raggiunse i massimi – la spesa per interessi nel 2011 è stata parecchio pesante. Il che fa sì che pur in presenza di avanzo primario ci si trovi a vedere un aumento dell’indebitamento. La debolissima dinamica del PIL fa il resto.