E' oramai evidente che l'Italia e l'Europa si trovano in una fase particolarmente critica del proprio percorso. Cesare Merlini, in un articolo pubblicato su AffarInternazionali.it, individua perfettamente, a mio modesto avviso, il punto centrale delle prossime sfide strategiche del nostro Paese.
Scrive Merlini:
"Chi ha i capelli grigi ricorderà come negli anni settanta, ai tempi dell’eurocomunismo, la questione si ponesse in termini non tanto di politica estera, quanto di “collocazione internazionale del paese”, secondo una formula diffusa. È lecito chiedersi se essa non si applichi anche al momento attuale. Con la differenza che allora l’alternativa era fra Ovest ed Est, mentre adesso è fra dentro o fuori le principali sedi decisionali – fuori, cioè, come problema o dentro come attore per risolverlo.
Anche negli anni settanta si lamentava il vulnus alla sovranità nazionale, intendendo le pressioni americane per non includere il Pci in una coalizione di governo. Adesso si tratta della sorveglianza speciale di cui siamo oggetto da parte delle istituzioni europee e mondiali. Solo che queste discendono da trattati internazionali a cui l’Italia ha liberamente aderito, anche alla luce di un esplicito dettato della Costituzione che prevede la cessione di sovranità ad enti sopranazionali. Cessione che deve avvenire, sempre secondo la Costituzione, in condizioni di reciprocità, certo; ma la mancanza di simmetria che si registra oggi non deriva da prevaricazione altrui, bensì dallo stato di demandeur in cui il paese si trova: super indebitato e destabilizzante."
Resta da capire se siamo attrezzati, culturalmente ed istituzionalmente, per competere, globalmente.
Caro Silendo,
mi permetto di agganciarmi anche al post contenente la simulazione della Reuters per un commento unico.
Mettiamo che non siamo attrezzati, a quanto capisco Merlini direbbe che allora siamo fuori come 'problema'. mah..si può anche cercare di contribuire in modo costruttivo anche da 'fuori', specie se data l'impossibilità o incapacità a rimanere 'dentro', un paese si trovi per forza di cose a doversi mettere da parte per un periodo (che sta alle capacità di quel paese limitare).
Si tratta di riflettere se le nuove strutture dei rapporti globali del XXI permettono poi di rientrare a treno in corsa. ma quello dipende dalla capacità/volontà del paese suddetto di scegliere linee di crescita che gli permettano di sfrutttare vantaggi futuri. La domanda è anche: abbiamo qualcosa da offrire o di utile che possiamo utilizzare come ns vantaggio nella gestione dei rapporti di forza globale per rioslvere problemi, o limitare attriti? possiamo giocarci una carta da mediatori, alleati su qualche tavolo 'caldo'?
Inoltre, bisognerebbe capire con chi ci si confronta sul serio (e qui mi riaggancio agli interessanti commenti del post sulla simulazione Reuters) dato che la crisi dell'Eurozona è dovuta anche ad una forte guerra economica tra attori interni rispetto all'esterno (è la guerra è parte dell'uomo, ma..come dire..'alla guera come alla guera', se mi passate il romanesco-francese) ma anche a inabilità delle classi politiche 'occidentali' e dei loro esperti/advisor/manager economico-finanziari a livello globale, che per troppo tempo hanno credutodi dominare il gioco con 4 giochetti coi numeri e dentro i loro uffici, osservando poco il mondo e comprendendo ancora meno (almeno secondo me).
A tal proposito mi permetto di segnalare un articolo che parla di Obambi (perdonatemi tutti ma io proprio non lo sopporto, non mi permetto di dare giudizi politici personali qui su questo blog, intendo che mi sta proprio antipatico come persona, lo trovo supponente) ma che in realtà se ci mettiamo i nomi del centro+sx e degli attuali tecnocrati ITA parla di noi (relative differenze a parte):
http://online.wsj.com/article/SB10001424052970204323904577040430486060086.html?mod=WSJ_article_comments#articleTabs%3Darticle
insomma è un articolo di Daniel Henninger sul WJS : 'Obama abandons (private) labor' e sottolinea una caratteristica rischiosa delle politiche 'occidentali' (chiamamole così per comodità) e cioé l'astrattezza.
S.
Per il commento precedente…
….e quanto ricapita di leggere una frase così…al decimo capoverso dell'articolo di Daniel Henninger:
"… isn't just a fiasco".
Morgana
Caro S., proprio ieri parlavo con un caro amico che opera in ambito business e quindi ha un approccio al pensiero strategico differente dal mio, anche se non in contrasto.
Entrambi concordavamo sull'importanza, direi quasi l'indispensabilità, di una corretta valutazione dell'ambiente strategico nel quale ci si trova ad operare.
Scrivi dei "rapporti di forza". Domando: ma le nostre elites hanno capito quali sono i rapporti di forza? Hanno capito come muoversi nelle dinamiche di potere contemporanee?
Ho qualche dubbio.
Ma Silendo l'Italia non ha delle elites..di nessun tipo.
S.
(ecco veramente direi che si potrebbe definire come una caratteristica che rischia di risultare presente seppur in diversa misura nelle società occidentali contemporanee)