Quali sono le competenze che il mercato richiede a chi desidera intraprendere questa professione?
Se lo sono chiesti i ricercatori dello statunitense Mercyhurst College che hanno passato al setaccio le offerte di lavoro di una ventina tra soggetti pubblici e privati. Tutte "entry-level".
Il risultato è nella tabella qui sotto (per maggiori info si veda il blog di Kris Wheaton). Noto, con piacere, che la conoscenza delle metodologie analitiche è al primo posto.
Silendo, scusa l'ingenuità: ma un'analista laascia spazio all'intuizione?
Discepolo, fare questa domanda a Silendo equivale più o meno allo "scatenare l'inferno" di Mssimo Decimo Meridio :)))
Intuizione: Tecnica di analisi NON strutturata ;-))
Discepolo, buonasera.
Beh… la risposta è ovviamente sì. Qualunque analista, in qualunque ambito (non solo l'intelligence), lascia spazio all'intuizione
Se poi vogliamo discutere di quanto spazio viene lasciato normalmente e di quanto invece dovrebbe essere lasciato allora sì che dobbiamo scatenare l'inferno ;))
PS … giusto Anonimo! :))
vabbè, ho capito, non ho nessuna speranza. :))
saluti
sg
Silendo, senza voler scatenare alcun inferno, posso chiederti, (anch'io ingenuamente) se tale spazio, grande – piccolo – o marginale che sia, DEVE essere lasciato, oppure PUO' essere lasciato (e se sì, a quali condizioni), o nulla di tutto ciò ?
Il Pulcino
😉
DeltaVictor
Sul cosa sia (e si intenda per) intuizione – e pertanto sul fatto che DEBBA oppure anche POSSA essere accettata nell'ambito di un discorso (o fase, o anche sistema…) analitico – c'è un dibattito pluricentenario (da Platone in poi, per intenderci ;))
Nicola Abbagnano nel sul magnifico Dizionario (di Filosofia) sembra concludere avvalorando la teoria di Poincarè ovvero: "…la logica può dare certezza, è lo strumento della dimostrazione: l'intuizione è lo strumento dell'invenzione*".
Se, tornando sulla terra, per intuizione intendiamo una capacità e/o una attitudine (mai comunque una competenza) che viene, quasi spontaneamente, generata ed alimentata dalla cura e dall'approfondimento con cui l'analista si costruisce nel tempo il proprio "sistema analitico" (corpus di conoscenze + metodi/tecniche analitiche + sistemi di organizzazione e comparazione delle cognizioni) allora si può provare a sostenere che il medesimo analista debba, in una certa fase del proprio processo di analisi (probabilmente più che quella iniziale**, in quella embrionale), lasciare un certo spazio alla intuizione. Ma è sempre qualcosa che va gestita per bene e sempre all'interno di un… "sistema di controllato" (es.: confronto con terzi, ecc.)
Se invece per intuizione si intende – come purtroppo spessissimo accade – una specie di capacità divinatoria (per lo più mai verificabile e operativa a tratti) derivante da chissà quale capacità gastrointestinale dell'analista allora è meglio lasciarla a casa.
Anzi, viste le premesse, è meglio RESTARE a casa ;))
Saluti cari!
* invenzione intesa come non come "contapalle" :PP ma come "sentimento che genera un'idea o una ipotesi" (C. Bernard).
** molto interessanti in tema di "nascita delle idee" questo libro (N. Wiener… eh eh eh) e anche questo.
P.S.: O Vate, perdonami se mi sono permesso di intervenire su un argomento dove sei Maestro indiscusso (come anche negli altri argomenti, ovviamente…).
Se ho detto mnkte, correggimi pure ;))
derivante da chissà quale capacità gastrointestinale dell'analista
La famosa pancia, di cui ancora tutta Roma ride!!!???!?!?!?
Bravo Giovanni!
Vittorio
Caro Giovanninacci, grazie della spiegazione: sei stato molto chiaro e convincente!
Discepolokr: "chiaro e convincente"? e poi "molto"?
(i satelliti meteo stanno infatti già avvistando numerose perturbazioni cariche di pioggia e grandine che si stanno dando appuntamento per l'occasione speciale :)))
Ti ringrazio molto, è la prima volta che mi capita di esserlo
Vittorio carissimo si, esattamente "quella" pancia
In realtà volevo essere un po' criptico ma evidentemente non ci sono riuscito molto bene…
Saluti cari a tutti.
Il Generale Amè ha scritto: "Un servizio informazioni non è un'agenzia di raccolta, schedatura e smistamento di notizie, senz'anima e senza passione. Sintesi e situazioni non sono risultato di una somma aritmetica e algebrica delle informazioni pervenute, ma attingono valore e significati dalla sensibilità e dalla intuizione degli elementi direttivi che le elaborano e ricevono definitiva importanza dalla capacità, dalla coscienza e dal senso di responsabilità del capo servizio".
Citazione da "Generali, servizi segreti e fascismo – La guerra nella guerra 1940-1943" di Carlo De Risio, libreria editrice la goriziana, 2011, pp. 60-61.
(la prima edizione è del 1978)
Secondo lui, non sarebbe tanto un'attitudine dell'analista, ma di chi è situato più in alto.
Linus
SG, per quanto mi riguarda non ho altre notizie. Mi dispiace
(segue…)
dalla Treccani :
…..
Fonti e Bibl.: Per disposizione testamentaria, l'archivio privato dell'A. è proprietà del giornalista Giorgio Pillon, che ringraziamo per la cortese collaborazione (tra l'altro ha messo a disposizione il dattiloscritto di un suo libro di prossima pubblicazione nel quale è ricostruita con abbondanza di particolari tutta l'attività spionistica e informativa del periodo in cui l'A. fu alla guida del SIM). Poiché l'A. ha ricoperto incarichi rilevanti nella gerarchia militare, molti documenti sono tuttora coperti da segreto o comunque non consultabili; pertanto la ricostruzione completa della sua vita e della sua attività sarà possibile solo quando questi saranno disponibili. È parzialmente accessibile il suo fascicolo personale presso il ministero della Difesa, Direz. gen. per gli ufficiali dell'esercito, Ufficio generali. Per la bibl. si vedano: C. Conti, Servizio segreto. Cronache e documenti dei delitti di Stato, Roma 1945, pp. 21-24; G. Pillon, Spie per l'Italia, Roma 1968, ad Indicem; P. Radius, Canaris contro Hitler, Milano 1971, pp. 195-197; A. Cave Brown, Una cortina di bugie, Milano 1975, pp. 126, 361-363; C. De Risio, Generali, servizi segreti e fascismo, Milano 1978, ad Indicem; G. Ciano, Diario 1937–1943, Milano 1980, ad Indicem; G. De Lutiis, Storia dei servizi segreti in Italia, Roma 1984, ad Indicem; G. Boatti, Le spie imperfette, Milano 1987, ad Indicem.
… Si tratterebbe di una ristampa aggiornata ?
B.A.
comunque nella maggior parte dei casi cioè il 98% non bisogna essere analisti d'intelligence per essere assunti in un'agenzia ma ci vuole una grande raccomandazione per gli uomini mentre per le donne……. basta vedere che ancora oggi prediligono come mezzo investigativo le intercettazioni telefoniche ed quelle relative ad internet senza uscire sul campo fa specie che l'aisi assuma analisti network per difendere la nazione da ipotetici attachi informatici visto e considerato che un hacker di certo non discute dei suoi piani su internet e tantomeno al telefono a voi le conclusioni.
[inizio parentesi aritmetica]
Bisognerebbe ora vedere quanto quel 2% di buono che esiste è significativo (ovvero "pesa") sul totale… dopodichè, se è significativo, c'è da andare a vedere come sono spalmate le competenze di cui sopra.
Di solito il "buono che c'è" è sempre una percentuale minima del totale, anche se altrettanto frequentemente tende a pesare – nell'equilibrio delle organizzazioni – per più del 2%
… Spesso capita che questo valore endogeno non venga esplicitamente riconosciuto (da terzi e dalla organizzazione medesima) ai fini della crescita strutturale ma solo (e in modo latente…) ai fini del quotidiano "mandare avanti la baracca".
[fine parentesi aritmetica]
Bianco o nero…vero?
se parliamo d'intelligence penso che sia accettabile lavorare sul grigio per arrivare al bianco o al nero, con conseguenziale carico di responsabilità.
L'analista in toto è coperto dall'oggettività e documentabilità della raccolta, male che vada avrà fatta una analisi parzialmente utile.
L'intuitivo de facto è scoperto dalla eccessiva sicurezza di poter cogliere il giusto trend o la giusta posizione (non sto parlando di vero trend o vera posizione) per il target assegnatogli.
Il miglior processo – secondo questa mia povera e poco dotta riflessione – è il mix, stabile, ma forse poco continuativo e mai categorizzato, tra la capacità di analisi delle informazioni raccolte e disposte, l'intuizione di cogliere quelle che pesano di più e quelle pur vere che pesano di meno (in questo senso dicevo "giusto"), la lealtà o l'onestà intellettuale di motivare perchè A e non B nel risultato d'analisi ed infine l'accollo di responsabilità peri aver scelto A e non B. Di solito ragioniamo in termini di "vero e falso" in un contesto aut-aut mentre esistono al pari contesti nec-nec e nec – necnon. E' difficile lo so e la stessa cosa avviene nel capire un fenomeno a un livello di fisica quantistica invece di fisica classica.
Un saluto a tutti
Nessuno
Cari Discepolo e Pulcino, scusandomi per il ritardo riprendo il filo della vostra domanda.
Quanto spazio deve essere lasciato all'intuizione? Questo è uno dei punti centrali – oramai da 15 anni -, nei dibattiti sull'analisi di intelligence. Soprattutto nei Paesi anglosassoni.
Proprio per evitare di iniziare un discorso inutilmente lungo vi chiedo preliminarmente: cosa intendete per "intuito"? Tanto per capirci sui termini.
Intendete, ad esempio, il lampo di genio dell'analista che, di colpo, trova la "quadratura del cerchio"?
Oppure, più semplicemente, la libera riflessione dell'analista che, forte di esperienza e/o studio, scrive la sua analisi?
Silendo…
è ovvio che non immagino un analista munito di bacchetta magica o sfera di cristallo…..
Comunque, a parte la domanda (spero solo provocatoria), io credo, da ingenuo, che l'intuito più che libera riflessione sia un'attitudine, o meglio un'abilità diagnostica acquisita con il tempo, con l'esperienza sul "pezzo", e con lo studio, che permette all'analista di scrivere la sua analisi e di formulare eventualmente, se richiesta, una strategia per cercare di raggiungere uno scopo.
Linus in un suo precedente commento ha scritto riferendosi al generale Amè "Secondo lui, non sarebbe tanto un'attitudine dell'analista, ma di chi è situato più in alto".
Silendo, questo stesso concetto l'ho ritrovato espresso da Nye nel libro da te consigliato (e che ho letto con piacere!): tu concordi?
Il Pulcino
Condivido la seconda riflessione di Silendo e lo sviluppo che ne dà Pulcino…ma la mia condivisione conta poco. Infatti, sono Nessuno 😉
La mia impressione è che spesso si usi il termine "intuizione" per intendere invece "riflesso condizionato derivante dalla conoscenza pregressa". Un po' come quando si suona uno strumento. Magari senza guardare lo spartito le dita si muovono spontaneamente verso la sequenza di note giusta, anche se non si è suonato il pezzo prima… e non è magia, è solo che magari a forza di fare centinaia di scale si prevede che cosa verosimilmente viene dopo. L'immediatezza della memoria muscolare, che fa muovere le dita prima che uno capisca perchè, fa sembrare il tutto piuttosto ispirato, ma è solo questione di processi cognitivi non perfettamente consapevoli. Poi certo, anche questi richiedono talenti particolari, direi tanto per cominciare la capacità di fare inferenza a partire da situazioni note verso situazioni ignote, e talvolta si ha proprio la sensazione di "Oh ho visto la verità"… ma non si vede la verità senza avere i fatti ben presenti. Qualche volta capita che sia qualcuno che non è direttamente coinvolto su un certo punto ad avere l'intuizione giusta, ma anche qui è questione di tunnel vision, più che altro; magari ad occuparsi in maniera sistematica di un problema si rimane intrappolati in maniere convenzionali di vederlo e si applicano le conoscenze disponibili solo in certe direzioni, mentre chi ha uno sguardo fresco prende altre strade (sulla base magari di conoscenze simili, o di altro campo ma metodologicamente comparabili) e sembra più "intuitivo".
No, caro Pulcino, la domanda non era assolutamente provocatoria. Non è proprio nella mia natura… 😉
Anche se può sembrare assurdo c'è chi ritiene che l'intuito sia qualcosa di…magico…. di "pancia", come, non a caso, ha scritto il nostro Giovanni (in genere sono le stesse persone per le quali non vale la pena perdere tempo sui libri… spesso solo perchè loro non ne hanno perso molto…).
Per questo motivo, ogni volta che mi trovo a parlare di intuito, metodologie analitiche &C. cerco di capire cosa intende il mio interlocutore, per non correre il rischio di parlare lingue differenti 😉
Sì, se definiamo l'intuito come fai tu (o come fa, benissimo, l'anonimo 21) mi trovi totalmente d'accordo!!! Esperienza e conoscenza della realtà in oggetto acquisita tramite studio e pratica.
Silendo, ma tu concordi con il fatto che sia (o deve essere) un'attitudine non dell'analista, ma di chi è situato più in alto?
Il Pulcino (un pò abbacchiato).
Le parole da me riportate del generale Amè, per quanto datate, riflettono la natura delle cose.
L'analista, nella sua piccina individualità, non può avere la visione d'insieme di chi invece per competenza raccoglie e confronta le analisi altrui.
Forse, l'intuizione oltre una certa soglia diventa un problema più che una risorsa e il semplice analista deve saperla contenere.
Deve controllare e comprimere l'istinto.
Linus
Pulcino, rileggendo quanto riportato da Linus non credo che il Generale Amè intendesse escludere gli analisti.
Riporto testualmente: "Sintesi e situazioni non sono risultato di una somma aritmetica e algebrica delle informazioni pervenute,ma attingono valore e significati dalla sensibilità e dalla intuizione degli elementi direttivi che le elaborano e ricevono definitiva importanza dalla capacità, dalla coscienza e dal senso di responsabilità del capo servizio."
Ho letto molti anni fa il libro di Amè e non ricordo il passo in questione ma da quello che leggo qui mi sembra che lo scopo sia quello di evidenziare l'importanza fondamentale che rivestono i dirigenti del Servizio (con la loro competenza, sensibilità, visione d'insieme) ma non di eliminare l'intuito (per così dire) dalle competenze degli analisti.
Tieni anche presente comunque, quando ragioni su questioni come queste, che molto dipende da come i Servizi sono organizzati burocraticamente.
Strutture organizzative molto ampie – come quelle delle Agenzie nordamericane – sono anche molto complesse, con linee di comando "allungate" ed una pluralità di livelli intermedi tra chi raccoglie le informazioni e chi dirige il Servizio. In strutture del genere, ad esempio, gli uffici analitici sono tanti così come tanti sono gli analisti che lavorano in questi uffici.
In strutture molto più piccole, invece, spesso il ruolo "analitico" è meno consolidato, il volume informativo ridotto e l'analisi è meno "strutturata", con il risultato che il vero analista, de facto, è spesso il "dirigente".
Per comprendere meglio le parole del Gen. Amè, a mio avviso, può essere utile rammentare la distinzione tra:
– personale direttivo (o quadro);
– personale dirigente.
Tale distinzione caratterizza tutto il personale della P.A. (e, conseguentemente, anche degli apparati di informazione e sicurezza e delle FF.AA.).
La figura dell'analista è, generalmente, inquadrata a livello direttivo.
Quindi, il Gen. Amè, nel parlare di "intuito", intendeva probabilmente riferirsi anche agli analisti e non solo ai dirigenti a capo delle articolazioni principali di un'organizzazione (ad es. : divisioni, dipartimenti, etc.).
Beh, ma poi immagino che sia anche questione di circostanze, no? Un dirigente non necessariamente è competente in tutti gli ambiti. Per cui ci saranno, che so, ambiti più tecnici in cui il contributo del singolo specialista (se la sua specializzazione non è sovrapposta con quella dei dirigenti) risulta più importante perchè è unico o per lo meno raro nel suo genere, altri in cui invece ci sono più possibilità di riscontro multilaterale… Questo in genere, a prescindere dal contributo dell'intuizione. O no?
Barry caro, penso che un'interpretazione letterale di quelle parole possa essere fuorviante per eccesso di sottigliezza.
Amè è stato capo servizio tra il 40 e il 43 e non credo sia possibile definire la figura dell'analista del SIM secondo modelli normativi, organizzativi ed operativi contemporanei.
Quello, però è il mondo che lui ha vissuto e conosciuto e occorre storicizzare la mentalità di un ufficiale dell'esercito italiano nella prima metà del xx secolo.
Sarebbe come chiedere (a parti rovesciate) al -grande- Enzo Ferrari di capire la Ferrari del 2011.
Linus
[INTERVALLO]
Ora uccidetemi pure
Ciò che la Ferrari è stata dopo l'epoca Alfa Romeo è SOLO merito degli ingegneri storici che in Ferrari ci hanno dato l'anima per decenni. Il patron non è mai stato un gran pilota e non aveva nemmeno un grande intuito (giacchè se ne parla…) per motori e telai.
Per le persone – piloti, ingegneri e collaboratori – invece assolutamente si.
[FINE INTERVALLO]
E' vero, Giovanni!
😉
R.
Dai ragazzi……ridiamo un pò con questo film…
http://www.youtube.com/watch?v=W2eHp95xIls
Ga78
Nessuno ti ucciderà, perchè non si può infierire su un pensionato.
Linus
più nello specifico appartengo alla categoria dei pensionati addestrati…
a fagiuolo….
Come si prendono le decisioni?
Attraverso «scorciatoie»
Gli uomini sono molto meno razionali
di quanto tendano a credere
http://www.corriere.it/salute/11_settembre_20/decisioni-scorciatoie-danilo-di-diodoro_90fa8e7c-d8a9-11e0-b038-3e67ea432e86.shtml
saluti
sg
Grazie per l'ottima segnalazione!!! 😉
Veramente un'articolo interessante!!
Grazie sg