"La stella del Quirinale sulla politica estera" di Cesare Merlini (AffarInternazionali).
"Un secondo momento significativo della mutante geometria gestionale della politica estera italiana si ha verso la fine di maggio 2010, quando il presidente Napolitano compie una visita a Washington su invito del presidente americano Barack Obama. La cosa rientrerebbe nella norma, se non fosse per qualche dettaglio, come il preavviso irritualmente breve e l’agenda degli incontri, che non è tanto di forma, come si conviene con capi di stato non esecutivi, quanto di sostanza.
Alla Casa Bianca la conversazione con il Presidente della Repubblica italiana, che parla un ottimo inglese, spazia scorrevole, dalle rassicurazioni date da Napolitano sulla solidità dell’integrazione europea all’esigenza che l’Occidente eserciti una funzione sinergica nei nuovi più ampi contesti multilaterali, quale il G20.
L’euro, in tempi in cui gli americani si interrogano sull’effetto domino che la crisi greca può avere sugli altri paesi dell’Europa meridionale, Italia compresa, è anche il tema principale nel successivo incontro di Napolitano, organizzato dai leader di maggioranza e minoranza del Congresso, presenti una cinquantina di parlamentari.
Chi nel marzo scorso ha partecipato alla cena romana, ospitata da Sergio Marchionne al Consiglio per le relazioni fra Italia e Usa, ha avuto modo di ascoltare da Nancy Pelosi, che nel 2010 era speaker della Camera dei rappresentanti, una relazione entusiasta di quella riunione e delle reazioni, positive e bipartisan, che suscitò.
Tutta la visita in questione era stata preparata dal Quirinale, senza ostacoli da parte del Presidente del Consiglio, in stretta collaborazione con il dicastero degli Esteri, il cui titolare Franco Frattini ha partecipato poi alle riunioni nella capitale americana.
Tuttavia l’impressione di gran parte degli osservatori su entrambi lati dell’Atlantico è che questo government degli Stati Uniti (comprendente, nel loro linguaggio istituzionale, sia l’esecutivo che il legislativo) abbia nell’occasione scelto un interlocutore italiano, in qualche misura privilegiato, nella persona di un Giorgio Napolitano, peraltro molto di casa nella comunità di politica estera americana, fatta non solo di diplomatici, ma anche di studiosi delle accademie e dei centri studi. (…)
L’attuale presidente della Repubblica si è mosso in linea con il suo predecessore, in particolare sui problemi europei, mettendovi però di suo un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti, altro pilastro dell’azione internazionale dell’Italia. E aggiungendovi una presenza non formale in contesti come l’Onu – il suo discorso all’Assemblea, a settembre 2010, tenuto in lingua inglese, contro l’avviso dei diplomatici tradizionalisti, è stato apprezzato – e perfino nei nuovi scacchieri dell’Asia, come con la visita in Cina nel novembre scorso. (…)
Inoltre il capo dello stato, coadiuvato dal suo consigliere militare, generale Rolando Mosca Moschini, presiede il Consiglio supremo di difesa (Csd), organo di diretta competenza del Presidente della Repubblica che in momenti di crisi internazionale può svolgere un utile ruolo di raccordo fra lavoro diplomatico e azione militare, mentre il mondo politico e mediatico recita l’abituale copione dello scontro fra pace e guerra.
È quello che è appena successo a proposito del conflitto interno libico, di cui il Csd ha discusso in una riunione l’11 marzo. Il comunicato che ne è scaturito dice fra l’altro: “L’Italia è pronta a dare il suo attivo contributo alla migliore definizione ed alla conseguente attuazione delle decisioni attualmente all’esame delle Nazioni Unite, dell’Unione europea e dell’Alleanza Atlantica”. Appare in linea con questo indirizzo la decisione del Presidente del Consiglio di rimuovere le restrizioni alla partecipazione dell’aviazione italiana alla missione Nato, decisione suffragata dal Presidente della Repubblica, con gli esiti di cui si diceva in apertura."
Merlini ha scattato una nitida fotografia della situazione!
Napolitano, forte dei legami di lungo corso con gli USA e preciso conoscitore dei poteri e delle competenze connesse all'incarico ad oggi ricoperto, ha svolto e continua a svolgere efficacemente quella funzione di "balance" (inteso come contrappeso) se non addirittura di "compensazione" (soprattutto nel campo della politica estera, per colmare alcune evidenti lacune e/o errori commessi dal vertice della Farnesina).
barry lyndon
Ciao Barry. Credo che Merlini si riferisse al Presidente del Consiglio più che alla Farnesina. O sbaglio?
E.
Ciao Enrico!
sicuramente si…ma secondo me non in modo esclusivo; dalla lettura dell'articolo ho avuto l'impressione che il riferimento fosse al "vertice decisionale e gestionale" della politica estera nazionale (nel suo complesso) e, conseguentemente, al tandem Premier-Ministro AE.
barry lyndon
Il MAE e molto piu vicino a certe s elte rispetto a qua to riportato nell articolo. La Farnesina ha uno sparuto drappello di diplomatici al Quirinale. Fino a qualche mese fa il Consigliere Diplomatico del PdR era l ambasciatore Cangelosi. Uomo politicamente vicino al presidente Napolitano, Cangelosi fu anche il primo direttore generale per l integrazione europea alla Farnesina. Credo quindi che la quelle visite negli USA fossero opportunamente preparate con l accordo del MAE, incluso l accento speciale sull integrazione europea (si vedano i discorsi pronunciati nel maggio 2010 dal Capo dello Stato). Sostituito Cangelosi le visite sono proseguite (anche di recente)ma con altro profilo: credo che in cio non sia del tutto estraneo il cambio all ufficio del Cons Dipl.
Caio, il punto è che attualmente il Presidente è il punto di riferimento americano in Italia. La gestione della vicenda libica e la sponda che Napolitano ha dato agli USA sono evidenti
Non si muove foglia che la rete diplomatica non voglia
Linus
Non la rete che e periferica, piuttosto il centro. Il “piazzamento” dei propri uomini avviene -ovviamente – dall alto verso il basso. In quest ottica la rete periferica si “attrezza” per il rientro a Roma. Mi pare che l attuale PdR avrebbe avuto piu margine di scelta negli USA se davvero avesse questo peso. Dove invece e riuscita ad accedere ai posti chiave? Alla UE, perche co e dicevo nel post precedente… Per legarmi ad un altro argomento suggerito ieri da Silendo: in assenza di una strategia espressa dallo Stato sul medio termine, altri soggetti assumono un ruolo privilegiato nei contatti con le autorita americane (quante volte Marchionne ha incontrato Obama?). Gli americani sono pragmatici e capiscono bene il ruolo delle aziende. In questo sistema quali sono gli uomini suggeriti dal Quirinale per contatti aziendali importanti negli USA e graditi agli americani? Credo che gli uomini provenienti da altri ambienti siano di piu. Non si muove foglia che il cubone sotto Monte Mario non voglia, appunto.
Caro Silendo, ho trovato una tastiera "vera", provo ad ad aggiungere qualcosa al mio precedente post.
Un'ottica italo-italiana vede – correttemante a mio modestissimo parere – il Quirinale come attuale interlocutore privilegiato nelle scelte importanti quali l'intervento il Libia.
Se però proviamo ad analizzare il ragionamento che parte da Washington, non possiamo ingnorare il fatto che siamo già in campagna elettorale per le presidenziali 2012 ( Obama ha già annunciato ufficialmente la propria candidatura).
Nelle condizioni attuali la campagna 2012 si giocherà su temi di politica prettamente interna: lavoro, occupazione le due priorità. La politica estera rappresenta un distrazione per il grande pubblico: metà degli americani non sa neppure dove sia la Libia.
Gli interlocutori priviliegiati "veri" per l'amministrazione sono quelli che portano lavoro in America, che pagano/pagheranno le tasse negli USA.
I " soggetti interessanti" per gli americani credo siano – lo sono sempre stati, ma in particolare ora – quelli che portano lavoro in America.
In questa cornice credo che i centri decisionali veri siano quelli che spostano gli investimenti. Valutando i movimenti in quel settore è possibile capire chi vogliono veramente gli americani. Ragionando sull'ambiente di provenienza dei vari soggetti si possono capire tante cose, e senza fare dietrologia ma semplicemente applicando un principio condiviso nel mondo di chi fa analisi. Esempi concreti di movimenti? Vertici di grandi aziende italiane con presenza negli USA ( o proiezione/interessi sul mercato americano) e dipendenza funzionale/gerarchica con Roma ce ne sono. Non mi pare che in ciò il Quirinale abbia giocato nel recente passato un ruolo di primo piano rispetto ad altre amministrazioni.
Caio, la vicinanza del nostro Presidente ad ambienti statunitensi è acclarata, in parte evidente ed in parte no.
Caio, ci sono diversi livelli di "rapporti", ovviamene

Il peso che può avere un Presidente della Repubblica è consistente e lo è in molte partite… economiche e politiche
Concordo il pieno con Silendo e AllegraBrigata quandosi parla di vicinanza del Presidente ad ambienti USA. Idem per il peso del Presidente ( di un Presidente) sulle possibili contropartite.
Sono invece meno sicuro che sia quello il punto di gravità nei rapporti con gli USA, soprattutto se si valuta il rapporto da Washington.
Ancora di più se accade – come accade da qualche mese – quando lo speaker della HoR ( terza carica dello Stato) è esponente di un partito diverso da quello del Presidente in carica: il Quirinale che contatti ha con Boehner? Proprio sull'operazione in Libia si è registrata una forte tensione tra WH e HoR, e la questione non si è ancora chiusa.
E se uno tra i principali "aspiranti" alla nomination Repubblicana è il Governatore dell'Indiana, e se l'azienda principale della capitale Indianapolis ( 40mila dipendenti, 12 miliardi USD di fatturato) ha il quartier generale europeo in Italia: il Quirinale che rapporti ha con Daniels? Eppure i più recenti provvedimenti parlamentari USA portano un chiaro " timbro" in formato Daniels.
Gli stessi americani raccontano su Wikileaks – loro malgrado- quanto il Presidente Napolitano sia più vicino al nostro speaker che al PM. E infatti il nostro Ambasciatore a Washington è certamente uomo vicino allo speaker ( si tratta dello stesso ambasciatore artefice del famoso viaggio dello speaker a Tel Aviv). E infatti la signora Pelosi ha ripetutamente incontrato il suo omologo, anche dopo avere ceduto il posto a Boehner.
Certo il ruolo istituzionale richiede rispetto, il ruolo della PdR imprescindibile, nonostante la già ricordata Wikileaks ricordi ( 26 giugno 2009 in vista dell'incontro Obama-Napolitano) il fermo desiderio della PdR di non travalicare – anche con atti concreti, e citando proprio le relazioni internazionali – i limiti stabiliti dalla Costituzione. Non sono convinto che il centro di gravità sia nel Palazzo che vediamo riprodotto nell'intestazione di questo forum.
"L'Anp avrà un Ambasciatore a Roma"
http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Notizia&key=17117
Il Presidente Obama aveva annunciato all'ONU lo scorso settembre l'auspicio di vedere per il settembre 2011 un ambasciatore palestinese sedere al Palazzo di Vetro. Oggi succede quello che leggiamo sopra. Il legame tra Roma e Washington passa anche tramite Tel Aviv, come ricordavamo in qualche post poco sopra.