Dal Wall Street Journal:
"President Barack Obama's decision last week to use military force against Libyan leader Moammar Gadhafi's forces was made in part by his administration's fear that Western inaction could further embolden Tehran, these officials say.
Sunni-majority Saudi Arabia and Iran's Shiite government are locked in a battle for regional influence.
U.S. military planners are also concerned Iran could benefit from an overthrow of the monarchy in Bahrain, home to U.S. naval operations that help control the Persian Gulf's oil flow.
In Yemen, too, Washington's closest Arab allies, in particular Saudi Arabia, are worried the potential overthrow of President Ali Abdullah Saleh could strengthen Iran in the region(…).
"Everything the U.S. is doing to respond in the Middle East is colored by how this could hurt or help Iran," said a European official who has met with senior U.S. officials in recent weeks. "This might be an overreaction, but it's how people are viewing things (…).
An overthrow of Bahrain's Sunni monarchy would likely produce a government more aligned with Tehran's interests(…).
The Persian Gulf remains the most important flash point in the proxy battle between the U.S. and Iran. "We do expect Iran will attempt to take advantage of events for its own purposes," said Ben Rhodes, U.S. deputy national-security adviser for strategic communications. "Iran has a long history of attempting to meddle in the affairs of other countries."
Insomma, quando il gatto (americano) manca i topi (francesi ed inglesi) ballano.
Sarà per colpa dell'overstretching e del deficit di bilancio, sarà per la mancanza di strategia dell'amministrazione Obama, sarà perchè Washington è sempre più focalizzata sull'Asia e l'Oceano Indiano, fatto sta che l'Italia dovrebbe riflettere molto seriamente sulla possibilità che il ruolo di "offshore balancer" degli USA nel bacino del Mediterraneo sia stia realmente attenuando.
Ove così fosse (ed a mio avviso lo è) dovremmo pernsare seriamente a come attrezzarci per sostenere una competizione agguerrita.
Io credo che il problema italiano riguardo al Med sia grave già da tanto tempo: A) in generale non abbiano nessuna weltanschauung né dal punto di vista politico né, a mio modesto parere, 'strategico' di tipo alcuno; soprattutto non abbiamo nessuna idea reale e definita di cosa sia il bacino mediterraneo per noi, di quali possano essere i nostri ruoli, le possibilità da sfruttare e con che tipo di rapporti. B) applichiamo al Mediterraneo una non-strategia peraltro abbastanza idiota, considerando che potremmo/dovremmo agire con una conoscenza nettamente superiore ai ns 'avversari', data quella che ormai dovrebbe essere l'enorme, acquisita esperienza della complessa ingestibilità del nostro Sud. C) appunto, il Sud Italia (Isola compresa ;-)..questo sconosciuto..Quando sapremo gestire il Sud e cominceremo a farlo diventare parte integrante del sistema, allora sapremo offrire ai paesi del bacino Mediterraneo e anche della zona balcanica una partnership allettante su questioni importanti: state- building, sicurezza, economia..ooops..cosa ho detto? D) 'economia'…. l'Italia manca di una visione economica per il proprio territorio: le piccole imprese sono lasciate in balìa degli eventi, le 'grandi' sono grandi per modo di dire, la dimensione micro e la dimensione macro fanno a pugni. Se noi stessi siamo indietro rispetto ai nostri competitors UE più agguerriti, come dovremmo mai sviluppare una forza attrattiva verso i paesi med? nell'unico modo più antico del mondo, facendo affari col boss e baciandogli la mano, (non mi riferisco al Cavaliere, non ha fatto niente di nuovo, solo che lo ha fatto in pubblico), ma prima o poi un boss giovane arriva e vuol far fuori il vecchio, nessuno più degli italiani dovrebbe saperlo.
Come si fa a risolvere un tale casino in poco tempo? credo piuttosto si debbano ricominciare molte cose quasi 'daccapo', o perlomeno con uno spirito più pragmatico e umile (senza andare appresso alle isterie francesi)
"senza andare appresso alle isterie francesi"
Caro Anonimo, poche cose al mondo sono sicure come questa… 😉
Un'altra cosa, invece..
sarebbe altrettanto importante capire cosa si profila dal presente per il futuro dell'UE : abbiamo un membro, FR, che agisce alla 'vecchia' maniera; un altro, GB, che va dietro per altrettanti motivi 'personali'; un altro, noi, simpaticamente 'accerchiato' all'esterno, sottoposto a tentivi agguerriti di scalate all'interno ma soprattutto relativamente estraneo agli interessi centro-africani francesi, a parte forse decidere di rendere poi la pariglia divenendo più insidiosi nel mercato energetico/materie prime/infrastrutture (quindi cmq coinvolto in una situazione che non può dargli immediato profitto alcuno); un altro, DE, che si smarca e uno perennemente in 'accesso', la Turchia, che potrà vendere assai caro il suo appoggio per la risoluzione dei casini….
oh tu, che sei Uomo di tanta lettura, potresti segnalarci qualche buona parola se la trovi? prometto che cercherò di fare altrettanto e segnalare in un prox commento.
(adesso però comincio a firmarmi..è buona educazione), i miei rispetti,
S.
Caro S., cos'è l'UE se non uno strumento?
Andando al sodo la Comunità Europea non è stato forse il mezzo attraverso il quale Francia e Germania hanno storicamente tentato di bilanciare l'URSS (ed anche gli USA, in un certo senso)?
Sempre restando su un campo di massimo realismo, cos'è stata l'UE, dopo la cessata minaccia sovietica? Un soggetto strano, amorfo, privo di un obiettivo politico ed al centro di lotte tra diversi interessi economici nazionali.
Sul futuro dell'UE sono molto poco fiducioso. Questa "cosa" esiste soprattutto perchè in passato c'era un incentivo, l'URSS appunto, che adesso non c'è più (ed anche gli USA ci sono "meno" di prima…Libia docet) e temo che nel medio-lungo termine non basti la "moneta unica" a tenere assieme interessi nazionali così differenti.
In un modo o nell'altro ritengo comunque fondamentale che l'Italia si svegli e si doti dei giusti strumenti per la competizione tra Stati avanzati.
Strumenti che adesso non abbiamo.
Una buona lettura? Preparo un post e ve la segnalo 😉
Caro Silendo,
questa 'cosa' intanto esiste e si è mossa spesso male..proprio per questo esiste ancor di più..Finanzia la roba più idiota o le compagnie di interesse nazionale, e si presta ad ogni tipo di lobbies, e cerca di disegnare aree di interesse economico intorno a sè, specie verso Est..ora, spiego il mio timore: quando una 'cosa' così debole in qualche modo 'cade', non di rado lo fa sollevando molta polvere..e coinvolgendo le sorti di quanti (membri e non ) avevano cercato di trovarvi una sponda…magari perché deboli economicamente o politicamente. E se ciò dovesse accadere, date le scosse telluriche che provengono da tutta l'area africana (ricordavi giustamente di mantenere l'attenzione sullo Yemen, e lo Yemen si affaccia sull'Africa avendo di fronte dirimpettai spesso un po'agitati, per lasciar perdere qui la questione Arabia S. vs Iran) e soprattutto dai suoi immediati confini ...ecco, la cosa diviene pericolosa. io comprendo il tuo punto di vista e il tuo giudizio sull'insignificanza reale delle istituzioni UE, peraltro è assolutamente vicino a ciò che penso a livello personale, ma l'ingombro di questo scatolone qualcosa la contiene, tutto qui.
L'UE ha molto pompato su certa economia e programmi nazionali nordafricani, insomma, rischiare di spaccarsi defintivamente mandadosi finalmente al diavolo dopo aver rotto i c….. a tutti i confinanti potrebbe lasciare scie spiacevoli e conti non in ordine.
Se trovo qualcosa che spieghi meglio le mie precoccupazioni…non mancherò di segnalarla, salutiamo
S.
Caro S., sicuramente mi sono spiegato male
Io non penso che l'UE dovrebbe essere cancellata. E non penso che ove ciò succedesse il crollo delle sue istituzioni sarebbe indolore per il l'Europa.
Tutt'altro. Dico, semplicemente, che l'UE di fatto esiste per un obiettivo politico che, oramai da un po' di tempo, non c'è più. Mano a mano, nel corso degli ultimi anni, la mancanza di un vero obiettivo politico si è fatta sentire e sono emerse tutta una serie di problematiche ad essa connesse.
Mi domando: quanto si può andare ancora avanti senza tale obiettivo politico-strategico? Non ad infinitum, direi.
Cos'è l'UE? Un'alleanza? Un percorso che mira alla creazione di un vero e proprio Stato europeo federale? Un foro, o un insieme di fori, di cooperazione inter-statuale?
Sil, tra i vari post non so dove segnalarlo 😉
http://www.corriere.it/esteri/11_marzo_23/alleanza-rottura-galluzzo_73b1dbb2-5515-11e0-a0df-9d4cc30fa8b1.shtml
Thanks 😉
Caro Silendo,
concordo con le tue domade ..che sono poi un giudizio..(sei davvero intelligente) ma si usa tutto quel che si ha, no?
Per ciò che accade ogni giorno su tutte le questioni che si dibattono nelle sedi UE, a qualsiasi livello, la UE è un'arena di contenimento: invece che lo scontro immediato 1 contro 1 e contro tutti, si costituisce un'area in cui picchiarsi indossando la cravatta e facendo il più sporco gioco di voti di scambio, però relativamente aperto al miglior offerente. In più, rappresentando formalmente un insieme unito, ci si può impicciare di tutto con la scusa che lo si fa non per 'volgari' interessi di questo o quel gruppo, sia di nazioni che di attori/operatori economici, ma per motivi 'istituzionali' (non possiamo non dire, non possiamo non fare, voi capite, che figura ci faremmo…). Ora, se uno lo accetta, lo strumento, proprio come tu l'hai ben definito, può tornare un minimo utile.
Ad es. in questi casi: l'Italia potrebbe farsi carico del mantra che servirà al più presto una vera iniziativa diplomatica UE e un piano di impegno espressamente dedicato a ricucire i rapporti con le società nord-africane, a cui non si è prestato né la dovuta attenzione, né il necessario appoggio; che bisognerà ricostruire/potenziare sistemi sia sociali/politici, che economici, che di cooperazione sulla sicurezza, stando più attenti a non accontentarsi dell'intelocutore statale (che può sempre tradire il suo popolo) ma cercando un consenso reale e coinvolgendo più attori locali, istituz. ed economici, e chiedere, a tutela anche della propria vicinanza alle zone e come risposta alle fughe di massa verso il ns paese, di essere in prima linea in un nuovo programma di azioni mirate. Facendo pressione sul rischio di un'immagine 'vile' dell'UE e 'complice' di azioni scoordinate, o che ne so io, 'futuro bersaglio' di nuovi attacchi, o semplicememnte attore passivo di fronte a Cina e Russia che stanno pronte a presentarsi come le infermiere buone e carine che ti mettono il cerotto.
Sono solo le prime c.. zz..te che mi sono venute in mente ora scrivendo, immagina cosa dovrebbero saper fare i ns ministri qui e i ns rappresentanti UE. .con tutti gli 'scriba' che hanno…(dovrebbero, non è mica detto che sappiano come si fa, non è manco mica detto che capiscano perché….)
L'Italia la UE non sa usarla, è questo è peccato mortale (perché altri sanno farlo benissimo) e in momenti come questo, saper usare tutti gli strumenti sarebbe cosa buona e giusta. E' un arena di cui siamo membri, è un ring come un altro..anche sulla Libia…anche sul petrolio…non trovi?
S.
"L'Italia la UE non sa usarla, è questo è peccato mortale (perché altri sanno farlo benissimo) e in momenti come questo, saper usare tutti gli strumenti sarebbe cosa buona e giusta. E' un arena di cui siamo membri, è un ring come un altro..anche sulla Libia…anche sul petrolio…non trovi"
Totalmente d'accordo. Il senso del mio discorso era sostanzialmente questo: l'UE in sè non esiste, è uno strumento per qualcosa…
Fino a quando resta in piedi…. 😉
saper usare tutti gli strumenti sarebbe cosa buona e giusta….
….è cosa buona e giusta……..e aggiungerei anche "nostro dovere".
Il Pulcino
Alcuni spunti dal Financial Times di ieri:
"The rapid pace of change sweeping the Arab world has wrongfooted many western policymakers. But surprises have extended beyond the region. The Middle Eastern upheavals have revealed US foreign policy to be more timid than the world has become accustomed to, and a remarkable subject has emerged as the toast of neoconservative Washington – France (…).
Administration officials argue that Libya is a special case, since the US sees countries such as Egypt, Bahrain and Yemen as strategically more important. And Mr Obama is an exceptionally cautious, some say hesitant, president. But all the same, the trend lines of US policy are clear.
Faced with an overstretched military, massive government debt and popular disenchantment with foreign wars, Washington is looking for its partners to do more, even if that means the US playing a mere supporting role. So as Mr Obama warned Muammer Gaddafi of impending military action, he specified that it would not be the US but Britain, France and Arab states that took the lead – an ultimatum very unlike those of the era of Mr Bush (…).
Within the White House, and among the Democrats generally, Libya has revived a longtime split between liberal interventionists and the party’s realist wing. On one side of the internal debate are officials such as Susan Rice, ambassador to the UN, and Samantha Power and Michael McFaul, both White House aides. All are strong believers in “values”-based diplomacy, interventionism by another name, a camp with which Mrs Clinton is increasingly identified. On the other side have been the foreign policy officials closest to Mr Obama in the White House – principally Tom Donilon, national security adviser, and Denis McDonough, his deputy – who come from a more pragmatic school. Presiding over the debate is Mr Obama. Temperamentally deliberative, he needs to be convinced about the case for intervention before committing troops overseas.
For the US, foreign policy has long been torn between the country’s instincts, to back democracy, and its interests, especially to keep oil flowing out of Middle East autocracies. Straddling that contradiction has suddenly become harder than ever. “We have moderated our instincts for democracy in exchange for stability in the Middle East. But now that stability has been interrupted, where do we go?” asks an adviser to successive administrations.
Added to that is the paradox of democracy. In the long run it can stabilise a country but getting there is inherently destabilising.
Libya itself makes for a murky litmus test of policymaking. “The place where we have the least interest in the Middle East is Libya. It is generous to even call it a state,” says the adviser. Nodding to the island kingdom that is home to the US Fifth Fleet and risks becoming caught up in a tug of war between oil-rich Saudi Arabia and Iran, he adds: “The place where we have the greatest interest is Bahrain.” (…)
In Bahrain, days after hosting Robert Gates, the US defence secretary, the ruling family surprised Washington by inviting in Saudi troops to help put down demonstrators. The US relies on Saudi Arabia, Bahrain and Yemen as allies – but all have taken increasingly repressive stances towards those who protest on the streets. “The very forces that make these protests successful – like instantaneous communications – mean that it’s going to be extremely hard for us to give one message to the Saudis and Bahrainis and another message to everyone else,” says Ms Slaughter.
Nonetheless, Washington is still broadcasting mixed messages, says David Rothkopf, a former Clinton administration official.
“The US line seems to be for reform in countries as long as they don’t produce too much oil,” he says. “We seem to be in favour of democracy for Shia in Iran but not democracy for Shia in Bahrain … This is the problem of realpolitik, where you weigh your interests and check your principles in at the door.”.
http://geimint.blogspot.com/2010/05/libyan-sam-network.html