Alcuni estratti dal discorso del Governatore della Banca d'Italia.
Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, la quota dell’area dell’euro nel PIL mondiale, pari nel 2000 al 18 per cento, a parità di potere d’acquisto, scenderà al 13 nel 2015. Nello stesso periodo la quota dei paesi emergenti asiatici raddoppierà, dal 15 al 29 per cento: non tanto a causa della crescita della popolazione, quanto per l’aumento del PIL per abitante, che passerà nel 2015 al 20 per cento di quello dell’area dell’euro, dall’8 del 2000.
È sufficiente questo dato per descrivere il mutamento radicale negli equilibri economici mondiali. La nostra economia ne risente più di altre. Essa manifesta da anni una incapacità a crescere a tassi sostenuti (…).
Dobbiamo ancora valutare gli effetti della recessione sulla nostra struttura produttiva. È possibile che lo shock della crisi abbia accelerato la ristrutturazione almeno di parti del sistema, accrescendone efficienza e competitività; è possibile un semplice, lento ritorno al passo ridotto degli anni pre-crisi; è anche possibile un percorso più negativo.
È già accaduto, in un lontano passato. All’inizio del Seicento, gli stati della penisola italiana erano ancora tra i più ricchi del pianeta, nonostante le guerre che avevano segnato il secolo precedente. Secondo le stime di Angus Maddison, pur controverse, il prodotto pro capite annuo, valutato ai prezzi internazionali del 1990, era pari a 1.100 dollari, un valore doppio della media mondiale, superato solo nei Paesi Bassi. “Tre generazioni più tardi – ha scritto Carlo Cipolla – l’Italia era un paese sottosviluppato, prevalentemente agricolo, importatore di manufatti ed esportare di prodotti agricoli, dominato da una casta di possenti proprietari agrari che avevano ricacciato in secondo piano gli operatori mercantili, manifatturieri e finanziari”.
La stagnazione proseguì nei decenni successivi e nel 1820 il PIL pro capite era fermo al livello di due secoli prima. Quali le ragioni di questo “lungo gelo” dell’economia italiana? Vi erano fattori esterni, come il collasso dei principali mercati di sbocco dei prodotti italiani del tempo, ma per Cipolla le ragioni erano soprattutto interne: salari non coerenti con la produttività del lavoro, un elevato carico fiscale, un difetto di capacità imprenditoriale che impedì di cogliere i mutamenti nella domanda; “il potere e il conservatorismo caratteristici delle corporazioni in Italia bloccarono i necessari mutamenti tecnologici e di qualità che avrebbero potuto permettere alle aziende italiane di competere con la concorrenza straniera” (…)
Gli indicatori delle organizzazioni internazionali, sia pure con le criticità prima esposte, ci dicono che gli italiani sono mediamente ricchi, hanno un’elevata speranza di vita, sono in gran parte soddisfatti delle loro condizioni: l’inazione è sostenibile per un periodo anche lungo; potrebbe generare un declino protratto.
Ma quegli stessi indicatori mostrano che l’inazione ha costi immediati: la ricchezza è il frutto di azioni e decisioni passate, il PIL, legato alla produttività, è frutto di azioni e decisioni prese guardando al futuro. Privilegiare il passato rispetto al futuro esclude dalla valutazione del benessere la visione di coloro per cui il futuro è l’unica ricchezza: i giovani."
Quoto il Governatore
Linus
I dati sul costo del lavoro e sulla produttivita' che supportano il ragionamento del GBA rappresentano un ottimo spunto di riflessione, anche alla luce delle recenti polemiche creasi dopo le dichiarazioni di Marchionne.
CaioDecimo
A proposito del futuro del Paese…una domanda rivolta a tutti. Una serie di episodi recentemente verificatisi farebbero sospettare che ci sia qualcuno intento a manovrare da dietro le quinte le sorti economiche politiche e strategiche del nostro Paese. Per essere sintetico vi riporto solo due esempi: 1) il pedinamento dell' On. Santanchè (proprio nel momento in cui si riavvicinava a Berlusconi) cominciato diversi mesi fa da parte di soggetti che le forze dell'ordine non sono riusciti ad identificare. 2) Il recente furto di documenti attinenti all'inchiesta su Ruby alla procura di milano.
Sono ramificazioni di apparati di Paesi esteri che agiscono in collaborazione con soggetti interni? Sono apparati privati che agiscono per interessi altrettanto privati? Sono semplici coincidenze che non hanno alcun significato?
magari era il pappa di tutt'e due.
Buonasera Anonimo. Che l'Italia sia oggetto di attività di influenza da parte di soggetti stranieri credo sia fuori discussione. Mi stupirei del contrario.
Onestamente però dubito che i due episodi da te citati possano costituire un indizio di ciò. Se non altro per la…..minima "rilevanza strategica" degli obiettivi 😉
Caro Silendo,perche’ tanta sicurezza circa il disinteresse internazionale per l’Italia?
Abbiamo realta’aziendali che guidano settori chiave a livello globale:ENI e FINMECCANICA su tutte le quali, per di piu’, sono di proprieta’ statale.
Diversamente perche’ invece non contemplare anche questa variabile come tra i fattori “d’interesse”per gli altri Stati.
Saluti Vate.
Nelson
No, Nelson, io ho affermato esattamente il contrario. Mi sarò espresso male. Sono certo, infatti, che l'Italia sia oggetto di attività straniere.
Perdona la pessima esegesi.
Nelson
Figurati
Mi sono espresso male io.