Data la curiosità che ha suscitato il manuale di tecniche strutturate per l’analisi d’intelligence ho pensato di preparare una serie di post sull’argomento. Una sorta di review del manuale in questione che ci permetta di parlare in modo un po’ più dettagliato di alcune di queste procedure analitiche.
Per capire meglio di cosa si tratta iniziamo con un po’ di storia (pagg. 8-10 del testo).
Il termine “tecniche strutturate” viene adoperato per la prima volta formalmente in ambito intelligence nel 2005, nella Comunità dei Servizi statunitense. Più precisamente all’interno della Sherman Kent School for Intelligence Analysis della CIA.
Tali tecniche però nascono già diversi anni prima essendo sostanzialmente evoluzione delle metodologie di “analisi alternativa” sviluppate ed implementate negli anni ’80 e ’90 – soprattutto dopo il c.d. Jeremiah Report del 1998 – all’interno del Directorate of Intelligence (DI) di Langley.
Nel 2000 la Kent School appena istituita inserisce le tecniche di analisi alternativa nei propri corsi ma è dopo l’11 settembre 2001 e dopo il fallimento riguardante le WMD iraqene che all’interno dell’Intelligence Community si consolida definitivamente l’idea della necessità di un miglioramento del livello qualitativo delle procedure analitiche. Miglioramento che si ritiene non possa non passare attraverso l’uso di adeguate tecniche alternative. Ciò viene sancito addirittura dalla legge di riforma dei Servizi, l’IRTPA del 2004, laddove il legislatore assegna espressamente al nuovo DNI (Title I, Sec. 1017) il compito di assicurarsi che tali tecniche abbiano adeguata applicazione all’interno degli uffici analisi di tutta l’Intelligence Community (concetto poi ribadito nel 2005 nel c.d. “WMD Report“: pag 25, 160, 406ss.).
Ritengo quindi che si possa affermare che i fallimenti dell’intelligence siano stati la principale spinta alla diffusione delle tecniche alternative/strutturate. Forse anche nella convinzione esagerata che tali tecniche potessero costituire una cura per tutti i mali dell’analisi.
E’ interessante rilevare come negli ultimi 8/9 anni la CIA (segnatamente DI e Kent School), l’Office of the Director of Intelligence Analysis (in particolare il DDNI for Intelligence Analysis con il suo Office for Analytic Integrity & Standards) ed alcune strutture accademiche e private (anche in partnerships fra di loro) abbiano sviluppato nel settore dell’analisi di intelligence una seria attività di ricerca applicata (ad es.: qui). La consapevolezza della sempre maggiore complessità del sistema internazionale e l’evidente difficoltà dell’Intelligence nell’analizzare le minacce e le opportunità del nuovo contesto strategico (=fallimenti degli anni Novante e Duemila) ha potentemente motivato la Comunità americana a riformarsi anche nel settore del tradecraft analitico. Lo sviluppo delle tecniche strutturate rientra in questo approccio.
Ma cosa sono queste tecniche strutturate ed a cosa servono realmente?
Proviamo a dare una definzione, tenendo però presente che gli specialisti ne contano oltre una cinquantina e quindi una definizione non può non essere piuttosto generica date le differenze esistenti tra le varie tecniche.
Per Heuer e Pherson (pag. 4) l’analisi strutturata è una “distinct form of intelligence analsys methodology that produces a step-by-step process for analyzing the kinds of incomplete, ambiguous, and sometimes deceptive information that analysts must deal with (…).
Structured analysis is a mechanism by wich internal thought process are externalized in a systematic and transparent manner so that they can be shared, built on, and easily critiqued by others. Each technique leaves a trail that other analysts and managers can follow to see the basis for an analytic judgment (…).
Structured analysis helps analysts ensure that their analytic framework (…) is as solid as possible. By helping break down a specific analytic problem into its component parts and specifying a step-by-step process for handling these parts, structured analytic techniques help to organize the amorphous mass of data with wich most analysts must contend.”.
In altre parole l’analisi strutturata è una delle forme di analisi d’intelligence ed ha l’effetto di rendere esplicito il processo analitico seguito dall’analista. Lo rende trasparente sia all’analista che ai colleghi*.
Le tecniche strutturate, inoltre, possono contribuire a bypassare alcuni limiti cognitivi della mente umana (magnificamente descritti qui, Parte III).
– continua –
*E’ proprio la necessità di incentivare il lavoro di gruppo, fornendo agli analisti alcune procedure consolidate, che ha contribuito alla diffusione di queste tecniche all’interno dell’IC USA.
Che post, ragazzi!
Silendo for President….anzi for Director
Linus
Solo DNI… eh… altrimenti nisba!!!
:))
si, però, pensandoci, il blog poi chi lo manda avanti? :))
insomma, queste tecniche tendono a "oggettivizzare" il processo di analisi per limitare la parte soggettiva (l'analista) affinché chiunque altro possa capire come si è arrivati a una conclusione, attraverso che meccanismi.
giusto, Vate?
"e poi…" disse un vecchio e-sperto in pensione "… avvenne la modellazione concettuale basata sulle meta-relazioni dei sistemi interagenti, ma tutto fu rovinato dal cyber-morbo"
:))
P.S.: alla fine ho cominciato ad appendere i post, oltre che sul muro della camera da letto, anche sul soffitto.
Non che mi dispiacciano le parole del Vate che mi svolazzano sulla testa… l'unica cosa è che ho dovuto smontare lo specchio gigante… :(((
"insomma, queste tecniche tendono a "oggettivizzare" il processo di analisi per limitare la parte soggettiva (l'analista)"
Uhmmm…. no, non parlerei di "oggettivizzazione" che mi fa venire in mente il risultato più che il processo. Invece queste tecniche riguardano tutte il processo e non il risultato.
Insomma, l'analista, con le sue conoscenze e le sue esperienze, è sempre al centro di queste procedure.
Se invece parliamo di oggettivizzare e di limitazione della parte soggettiva sembra che si tratti di un processo quasi "meccanico", automatico. Così non è e lo vedremo nel prosieguo dei post.
Giò… io e te dobbiamo fare un discorso chiaro ;))
…dici che era meglio lasciare lo specchio gigante?
Direi di sì… 😉
però per risparmiare sullo spazio al posto dello specchio potrei mettere una webcam…
Perchè no. A patto che poi ci fai copia dei tuoi incontri con Melita 😀
se lei è d'accordo, certamente… ;))
P.S.: ve li mando in formato informatico protetto con crittografia tripla chiave quantistico-astrale a sei miliardi di bit modulata a ciclo fotonico DIS-continuo 😉
Così vediamo se Jack riesce a crakkarla :)))))))))))
è un gioco da ragazzi che ci vuole a decrittarli
Vedi Giò. Non c'è alcuna speranza di segretezza ;))
complessi calcoli matematici è logico un pò come la macchina enigma
pazienza… :((
mi dispiace
Non ci resta che il piccione viaggiatore. Sempre se non ce lo abbattono a fucilate…
fucilate? metodo antiquato e primitivo ultrasuoni su diverse frequenze e sempre modualri
Vabbeh va, ho capito. Si ricorre ad un motociclista dell'Arma…
se ha il tesserino allora passa
Attendiamo con ansia il prosieguo del post 😉
D.
Giovanni, scometto che la chiave per decrittare è "Viva l'Italia!" o "Patria e Onore".. tutto troppo facile, direi.. 😉
Quelle sono le prime due. La fase di modulazione fotonica è basata sulla keyword "Alfredo Cappellini", che dovresti conoscere bene… ;)))
ti sei dimenticato dello stabilizzatore della materia
no Vate, mi devi scusare ma non mi sono spiegato.
per "oggettivizzare" intendevo riferirmi proprio al processo e non la risultato;
e per "limitare la parte soggettiva", non intendevo meccanizzare il processo stesso.
in parole povere intendo dice che con queste tecniche – da quel che ho capito – si rende il processo intellegibile a TUTTI, cioè anche coloro che poi lo osservano una volta finito. insomma, se io sono un analista e ragione usando i post-it appesi per la stanza, poi tiro i dadi, vedo il meteo, aspetto le uscite del lotto e chiedo alla mia anziana vicina di pescare un numero da 1 a 94, e così arrivo alla mia "analisi", allora credo che POI nessuno sarebbe in grado di ripercorrere il mio processo analitico per vedere eventuali falle, errori, ridondanze, ecc.
invece se uso una tecnica strutturata che, in quanto tale, ha un iter preciso (senza nulla togliere al SOGGETTO che poi segue questo iter), allora poi chiunque (conosca la tecnica, s'intende) dovrebbe essere capace di capire come sono arriva a quel dato risultato.
mi sono spiegato meglio…? spero…
e… dimmi se sono in errore.
ciao 😉
(mi scuso per i vari refusi e vocali messe a caso
ho scritto di fretta)
Diciamo che intendi …. reversibile :D? Cioè che si possa risalire passo passo attraverso le tecniche analitiche seguite ?
( Per altro cosa che è indice di una buona presentazione di analisi, cioè che la capisca anche un bambino per la sillogicità dei passaggi :D!)
Caro Silendo, sono finalmente in possesso di una copia di questo libro. mi ha stupito la rilegatura con gli anelli, utile il grafico pieghevole in quarta di copertina, geniale la frase di Einstein riportata a pagina 89:
" Imagination is more important than knowledge. for while knowledge defines all we courrently know and understand, imagination points to all we might yet discover and create".
Mi tuffo nella lettura del libro.
anche io mi tuffo nella lettura di playboy
si frattaz! 😉
Sì, Giano. Perfetto. Questa è proprio uno dei vantaggi delle tecniche in oggetto.
Anonimo 28, ottimo! Così possiamo valutarlo assieme
Il 28 e' mio io, scusa Silendo, ho dimenticato di firmare.
CaioDecimo
Ciao Caio. L'avevo sospettato 😉