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    Frattaz at |

    Oggi sul corriere sezione cultura c'era un articolo di Mieli proprio sul piano Solo, ovviamente con allegata pubblicità al libro di Franzinelli.

    http://www.selpress.com/treccani/esr_visualizza.asp?chkIm=28

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    Frattaz at |

    Per altro…. finito di leggere l'ultimo libro del Gattosardo ;)? A proposito di Arcana Imperii

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    Silendo at |

    :)) Frattaz, è ufficiale: tu ti devi riposare davvero 😉
    http://wwwnew.splinder.com/myblog/comment/list/23243787/62802213#cid-62802213

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    utente anonimo at |

    http://www.dozule.org/C_DOCUMENTI/MONOS_Enrico_Mattei.pdf

    fallimento dei ser vizi segreti == corruzione

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    Silendo at |

    "finito di leggere l'ultimo libro del Gattosardo ;)?"

    … cambiamo discorso…

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    Frattaz at |

    Chiedo scusa Sil 😉

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    Silendo at |

    Ti perdono…. 😀

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    giovanninacci at |

    t'è andata di lusso, caro Frattaz…
    Già vedevo all'orizzonte una serie da 50 piegamenti

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    Frattaz at |

    Giri di barra no :D?

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    Jackallo at |

    .. io ultimamente sono l'addetto ai "giri di birra".. se serve, eh..! :)

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    utente anonimo at |

    Buongiorno al padrone di casa e agli ospiti tutti.

    Segnalo un articolo "Il confidente, gli 007 e la pista degli infedeli" a firma di Giovanni Bianconi a pag. 28 del Corriere della Sera odierno.

    Armigero

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    Frattaz at |

    Grazie per le segnalazioni Armigero.

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    utente anonimo at |

    Spero di essere stato utile….

    Armigero

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    utente anonimo at |

    Supplico Silendo di darmi la sua opinione sulla morte di Enrico Mattei. Le sette sorelle? Gli americani? Cefis? Incidente?

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    utente anonimo at |
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    Silendo at |

    ahahah addirittura supplicare…. 😉

    Che non sia stato incidente, se non erro, è oramai acclarato. Non ho purtroppo mai approfondito a sufficienza la vicenda. 
    Se non ricordo male con le Sette Sorelle l'ENI aveva appena trovato un accordo il che potrebbe eliminarle dalla lista dei sospettati.
    Ricordo di avere letto la tesi di autorevole testimone dell'epoca il quale propendeva per la responsabilità americana (adducendo, se non sbaglio, esigenze strategiche di politica internazionale).
    C'è chi sostiene che siano stati i francesi. Ecco, io non sottovaluterei il ruolo dei nostri alleati europei. Un'Italia non "supina" tendeva a guastare i piani di Parigi e Londra.

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    Silendo at |

    Mario Cervi sul "Piano Solo" di Franzinelli.

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    utente anonimo at |
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    utente anonimo at |

    http://www.mimmofranzinelli.it/tool/home.php

    Fascismo. La rubrica segreta delle spie

     

     

    «Corriere della Sera», 25 maggio 2002

     

     

     

    Negli anni Trenta il capo della polizia fascista Arturo Bocchini annotò in una rubrica i nominativi dei suoi confidenti, con i nomi di copertura e i numeri in codice dei singoli spioni; quel registro, ereditato dopo la morte di Bocchini, nel novembre 1940, dal successore Carmine Senise, rivela altresì i complicati criteri d'inoltro della corrispondenza e delle ricompense, a tutela delle «barbe finte». Caduto il regime, il «registro delle spie» fu rinvenuto nella documentazione archivistica trasferita al Nord; il 31 ottobre 1931 il capo della polizia Luigi Ferrari lo consegnò al Commissariato per la punizione dei delitti fascisti, affinché se ne servisse per l'epurazione di quanti si erano compromessi con l'apparato repressivo del regime.
    Custodito per decenni negli archivi del ministero dell'Interno come un imbarazzante reperto, il registro fu poi trasmesso all'Archivio centrale dello Stato, dove è rimasto a lungo fuori consultazione. Oggi quel documento, finalmente desegretato», svela misteri. Si tratta di una grossa rubrica rilegata in pelle nera, con angoli e dorso verde, sul cui frontespizio è stampigliato il timbro «segreto». In 230 pagine compaiono 374 nominativi di fiduciari diretti della Divisione polizia politica con i recapiti ufficiali e clandestini di questo esercito di spie, impegnato nel decennio compreso tra la conquista dell'Abissinia e l'occupazione tedesca a raccogliere notizie e talvolta a ordine provocazioni per conto della polizia politica del Duce.
    A reggere il gioco spionistico erano alcuni funzionari del Ministero dell'Interno, iscritti essi pure nel registro, sebbene con la precisazione «Non è fiduciario». Un ruolo di rilievo svolse Pietro Francolini (nome di copertura 1000 Senna), operativo presso il Regio consolato d'Italia e la nostra ambasciata a Parigi; da lui dipendevano alcuni elementi infiltratisi in Giustizia e Libertà. Rosario barranco (pseudonimo 2000 Varo) era distaccato presso il consolato generale d'Italia a Nizza, destinatario di plichi che smistava ai suoi confidenti: «Spedire lettere per corriere diplomatico, applicare i suggelli di ceralacca a tuta la corrispondenza; indirizzo privato da usare in casi urgenti ed eccezionali e solo per ordine del Sig. Capo divisione». Terzo regista dello spionaggio oltralpe era Ettore Pettinati (Rodano 3000), aggregato al consolato di Marsiglia e quindi incaricato della Sezione speciale di polizia all'Ufficio PS di Mentone; la Divisione polizia politica ricorse al corriere diplomatico anche per corrispondere con Pettinati.
    La rete statunitense faceva capo a Umberto Caradossi (6000 Hudson), presso il consolato italiano a New York. Emerge dunque – dato preoccupante sul versante delal storia delle istituzioni – il generalizzato utilizzo della rete diplomatica per foraggiare e gestire la rete spionistica all'estero.

     

    Nel plotone dei fiduciari spiccano i «fedelissimi», reclutati in epoca liberale e rimasti negli organici durante il ventennio fascista, transitati indenni attraverso l'esperienza del primo governo Badoglio e quindi attivi sotto le insegne della RSI o addirittura tornati al vecchio lavoro in epoca democratica. Soltanto la morte troncò la carriera dei più navigati «spioni di lungo corso», alcuni dei quali celavano dietro la facciata sovversiva un'inimmaginabile fedeltà alle istituzioni: è il caso dell'anarchico Bernardo Cremonini (6 Solone), attivo nell'emigrazione politica in Francia. Le politiche mutavano, i regimi cadevano, ma le più provette spie restavano al loro posto, comunque fedeli al potere, chiunque lo detenesse.
    I vertici della polizia coprivano di mille attenzioni i loro affiliati, come traspare dai criteri indicati per le spedizioni al ragionier Federico Crivelli (301 Osvaldo), longfa manus spionistica nel Canton Ticino: «Indirizzare a Quirighetti Giulio, fermo posta Campione d'Italia – Assegni: tramite comm. Assirellli – Per eventuali comunicazioni inviare a Lugano a suo nome, via Trevano 20b, cartolina illustrata di saluto e ciò varrà a far sapere al fiduciario che a Campione vi è corrispondenza per lui – Se non si tratta di cose urgentissime, non spedire ogni giorno, ma raggruppare le lettere spedendo una volta la settimana – La cartolina illustrata d'avviso non scriverla sempre nello stesso modo mettendo sempre la stessa forma di saluti in un angoletto: variare, per non dare sospetto al portalettere. La corrispondenza deve essere spedita tramite il questore di Milano».
    Per gli studiosi del sistema repressivo fascista lo squallido campionario del registro rappresenta un'essenziale banca-dati che, con la trattazione incrociata ed elaborazione al computer, consente interessanti scoperte. Spicca ad esempio la straordinaria estensione del «gruppo Menapace», probabilmente la più ramificata rete fiduciaria esistita negli anni Trenta. Forte di una dozzina di elementi capitanati dal trentino Ermanno Menapace (98 Spandri), la cui opera fu sperimentata in Francia, in Belgio e nell'Africa italiana.

     

    Il rapporto fiduciario s'interrompeva per due ordini di motivi: a) soggettivi, ovvero l'inaffidabilità o l'inefficacia del confidente; b) oggettivi, legati a ristrutturazioni della rete motivate da esigenze generali. Le dimissioni si ebbero in rari casi. Anni di esistenza segreta sotto il segno della collaborazione volontaria con la polizia ostacolavano il ritorno a una vita normale, con la rinunzia a lucrosi proventi e al senso di onnipotenza insito nel rapporto privilegiato con la struttura repressiva del regime. Un'ondata di licenziamenti fu disposta tra l'autunno 1939 e la primavera 1940: l'occupazione nazista della Francia privò gli esuli politici del principale retroterra e sconsigliò il mantenimento di un costoso apparato di controllo.

     

    Crollato il regime, una parte dei personaggi censiti nell'infamante catalogo scansò l'inserimento nell'«elenco nominativo dei confidenti dell'Ovra» pubblicato sul supplemento alla «Gazzetta Ufficiale» del 2 luglio 1946. Sospetti di omissioni compiacenti e di salvataggi per questo o quel personaggio aleggiarono da subito, e l'impossibilità di accedere a questo «documento principe» autorizzò ogni illazione. Oggi, dal raffronto tra i diversi elenchi, si scopre che a passarla liscia furono anzitutto i giornalisti, alcuni dei quali – pure segnati nella rubrica dei confidenti – furono ignorati dalla lista divulgata dalla «Gazzetta Ufficiale». Emblematici i casi di Gian Carlo Govoni, Ubaldo Silvestri e Alberto Giannini. Govoni (770 Pisa: riceveva i denari nell'abitazione romana di via Pisanelli), direttore dell'Agenzia International News Service, era corrispondente dei quotidiani «Tribuna», «Sera» e «Gazzetta del Popolo». Silvestri (796), già redattore della «Giustizia» e del «Resto del Carlino», nonché collaboratore del «Messaggero», nel dopoguerra fu segretario di redazione del «Popolo». Giannini, fondatore nel 1924 del settimanale satirico antimussoliniano «Il becco giallo», durante l'esilio in Francia aveva mutato orientamento politico e finì ignominiosamente sul libro paga di Bocchini, insieme alla sua convivente; i compensi venivano pagati a Roma, in corso Trieste 171.

     

    Il quadernone di Bocchini conferma inequivocabilmente lo status spionistico del romanziere Pitigrilli, designato coi nomi di copertura femminei di «Maria Rosa» e «Ivonne». Egli riceveva alternativamente denaro e richieste di informazioni al recapito torinese di Corso Peschiera 28 e all'alloggio parigino dell'Hotel de Lutéce, 5 rue Chaplain. Scoperto dagli antifascisti nel 1929, los crittore fu di lì a poco scaricato dalla polizia segreta, come si desume dall'ultima impietosa annotazione apporta sul foglio a lui intestato: «Licenziato».
    Il registro riflette un Paese asservito a un potere straordinariamente abile nell'utilizzo degli strumenti occulti di controllo dell'opinione pubblica. Accanto ai doppiogiochisti reclutati nelle file dei dissidenti ritroviamo un cospicuo numero di «benpensanti», persone comuni immerse nella vita di quartiere o attive nelle professioni liberali, che – con sdoppiamento sconcertante – fornivano rapporti sul loro ambiente e sulle loro frequentazioni. Queste spie erano cittadini qualunque, persone – almeno apparentemente – «senza qualità»: eroi sconosciuti del loro tempo (l'era fascista), servitori segreti della dittatura, assistenti volontari vendutisi un tanto al mese alla polizia politica.

    B.A.

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