di Andrea Gilli, da Epistemes.com
"Nel corso della giornata di oggi, le aspirazioni internazionali del nostro Paese hanno subito una doccia fredda. Con un secco e quasi anonimo comunicato, il ministero degli Esteri tedesco ha affermato di non favorire il nostro ingresso all’interno del gruppo di dialogo con l’Iran formato dai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la Germania. In questo breve articolo cerchiamo di capire brevemente le ragioni di questa mossa. Il nostro intento è mostrare quanto sia le previsioni naif (quelle secondo le quali con Angela Merkel la Germania sarebbe diventata molto meglio disposta verso l’Italia, sia per via del comune sentire atlantico che per il comune colore politico dei governi di Roma e di Berlino) che quelle costruttiviste (quelle per cui la costruzione della realtà sociale avrebbe oramai plasmato irrimediabilmente il panorama internazionale in una direzione di armonia e pace) siano, in sostanza, errate e non confermate.
Con l’affermarsi dell’Iran a livello internazionale e soprattutto con lo sviluppo del suo programma nucleare, la comunità internazionale (termine eufemistico per descrivere chi decide nel panorama internazionale, ovvero quelli che hanno le armi e le vogliono usare) ha cercato di impostare un dialogo con Teheran per evitare che la situazione potesse degenerare. Accortasi presto della sua “illegittimità” (altro termine eufemistico per descrivere la sua anacronistica struttura rispetto al rapporto di forze esistente a livello mondiale), la suddetta comunità internazionale decise di includere la Germania nelle trattative.
La mossa aveva molte ragioni. Innanzitutto, Berlino si era appena opposta duramente alla Guerra in Iraq. Inserendola nelle trattative con l’Iran si sperava di ricomporre la frattura anche, se non soprattutto, perché nonostante il tanto sbandierato europeismo, il sogno irrealizzato della Germania era un seggio permanente all’ONU – con buona pace di quanti pensavano che quel seggio sarebbe spettato all’Unione Europea.
Dall’altra parte, confermando Francia, Germania ed Inghilterra come gli interlocutori per l’Europa si cercava di rassicurare i tre Paesi sul fatto che il loro ruolo non sarebbe stato annegato in un’Europa a 25 (ora a 27). Altro contentino per rinvigorire le relazioni transatlantiche – con la salita del pallido Zapatero in Spagna, Italia e Polonia non poterono fare altro che subire la decisione.
Oggi la Germania ha messo il sigillo all’operazione. Ha fatto capire che non vuole l’Italia nelle trattative. Si badi che la ragione non è razzista – non hanno paura che il nostro Paese vada a fare caciara a Teheran. E neppure che ci facciamo la cresta, come l’italiano della famosa pubblicità che spopola in Germania. Il timore di Berlino è che elevando Roma al suo stesso livello, le ambizioni tanto europee che internazionali della Germania siano costrette ad una dura virata. Verso il basso.
Stigmatizziamo questo evento perché ci sembra dia il colpo di grazia tanto al costruttivismo che alle interpretazioni più manichee che si sono affermate negli ultimi anni sul funzionamento delle relazioni internazionali.
Il Costruttivismo, filone post-modernista di dubbia utilità euristica che oramai si è impossessato di quasi tutti i Dipartimenti di Scienze Politiche europei, è di fatto emerso grazie al caso-Germania. L’idea di base era che, cambiando la sua identità, la Germania fosse diventata una potenza pacifica. In altre parole, gli Stati non sarebbero necessariamente costretti alla guerra e alla competizione. Se la loro identità è pacifica, allora le relazioni tra di essi possono anch’esse essere pacifiche. Come detto, la Germania era il caso di scuola: dal nazismo a Kohl. Un mondo migliore è possibile, e giù a ubriacarsi di sogni e utopie.
Già lo scorso anno era arrivato un duro colpo a questa presunta teoria – la Merkel si era detta intenzionata a riavviare il programma spaziale tedesco. Per la cronaca, esso era stato lanciato da Hitler. Oggi è arrivato il de profundis. La realtà sociale sarà anche costruita. Sta di fatto che a Berlino continuano a capire molto bene chi sono gli avversari e come eliminarli. La crescita del ruolo dell’Italia implicherebbe una sconfitta per la Germania, in quanto Berlino non sarebbe più il solo Paese ad essere aggiunto al Consiglio di Sicurezza. Di qui, non solo le sue mire all’ONU subirebbero uno schiaffo, ma anche la politica all’interno dell’Unione Europea verrebbe modificata. Ecco perché la Merkel ha sbattuto la porta in faccia a Roma.
Dall’altra parte vi sono le interpretazioni manichee per le quali la Merkel (e Sarkozy) avrebbero rappresentato l’arrivo di un nuovo clima non solo per quanto riguarda le relazioni transatlantiche ma anche per quanto riguarda la politica europea. Ce ne siamo accorti. Speriamo che questa doccia fredda serva di lezione. Quando si parla di Europa, anziché tifare per il candidato ideologicamente più vicino, dovremmo tifare, come italiani, per il candidato più debole. Per la cronaca, al tempo, chi scrive, sperava nella vittoria di Schroeder (contro la Merkel) – proprio per questi motivi.
A questo punto non resta che ragionare sulle reazioni. Il costruttivismo dice di puntare sulle idee, favorire comprensione e comunicazione. E tutto si risolverà. Lasciamo il Costruttivismo alla Germania e ai suoi docenti (resta la domanda, dal vago sapore cospirazionista, se costoro non operino sotto mentite spoglie per favorire subdolamente gli interessi del loro Paese). Dall’altra parte, le interpretazioni manichee ci dicono che la Germania è un partner. Anche in questo caso, lasciamo pure che a credere a queste fandonie siano altri.
Il nostro Paese dovrebbe sviluppare una sapiente strategia volta a massimizzare la nostra posizione in Europa, prima, e a livello internazionale, dopo, sfruttando minacce, ritorsioni e alleanze tattiche, facendo ben attenzione ad evitare che queste scatenino ritorni di fiamma. Vedremo se la nostra classe dirigente sarà capace di tanto."
Perfettamente d’accordo con l’analisi del Sig. Gilli.
Anche perchè , secondo me , ultimamente l’Italia dovrebbe pensare più a se stessa che a seguire un’idea utopica di Europa.
Gianluca
Spero che Andrea Gilli legga i commenti del tuo blog perchè questo segue è indirizzato a lui.
Andrea, vedo che pensi e scrivi molto bene. Ti faccio i miei complimenti.
Vorrei chiederti un parere: come pensi che il nostro amato Paese possa riuscire a formulare delle corrette strategie ?
Ti ringrazio fin d’ora.
Davide
Io comincerei a far pesare il ruolo dell’ Italia :
-sesto contributore dell’ONU;
-circa 8.400 soldati in varie missioni internazionali;
-contributore netto UE.
Gianluca
grazie al Supremo Silendo per il link e ai commentatori.
Gianluca: d’accordo ma fino ad un certo punto. L’Italia si trova in una situazione complicata. Ha bisogno dell’Europa per affrontare la nuova stagione multipolare delle relazioni internazionali. Allo stesso tempo, deve fare attenzione a non essere schiacciata dall’Europa – ovvero ad evitare che i nostri interessi vengano annientati dal processo di integrazione.
Davide: la tua domanda non ha una risposta unica e precisa.
La strategia è l’arte che insegna come raggiungere un determinato scopo nella maniera più efficace ed efficiente. Quindi, a livello base, per formulare una strategia corretta è necessario capire la situazione e il metodo più economico per risolverla.
Di sicuro, per formulare una strategia corretta sono necessari almeno i seguenti elementi:
– capacità di analisi;
– analisi realmente accurata;
– capacità di esecuzione;
– esecuzione.
In primo luogo è necessario capire cosa sta succedendo: Alla Farnesina se ne rendono di sicuro conto. Quindi la capacità d’analisi esiste. Non sono sicuro che nel nostro Parlamento vi siano menti altrettanto sofisticate. Quindi sulla capacità di svolgere analisi accurate ho dei dubbi. Se il nostro Parlamento (e con esso il Governo) non condivide/comprende il quadro della situazione, allora non si va da nessuna parte.
Fatta l’analisi corretta, e avuto il sostegno delle istituzioni del Paese, è poi necessario capire come agire. Qui ci vuole leadership e “genio” strategico. Onestamente, non mi sembra che le due cose siano disponibili a bizzeffe. Il presente governo ha tanti, troppi problemi da risolvere. Il ruolo internazionale del Paese viene in secondo piano. A malincuore, devo dire che è anche giusto così: per essere presi seriamente, dobbiamo anche rendere serio il nostro Paese.
Infine, vi è l’esecuzione. Mettiamo che il nostro Paese decida, per ripicca, di sponsorizzare un 5+3: i cinque del Consiglio + Germania, Italia e India. In questa maniera si legherebbe la questione dell’Iran al seggio nell’ONU e quindi la Germania andrebbe sconfitta. Bene: se si inizia una tale battaglia è poi necessario anche saperla portare a termine.
Onestamente, non sono sicuro che ci siano le risorse (diplomatiche, politiche, etc.) per farlo.
La difficoltà sta nel fatto che le strade efficaci sono per noi troppo costose (non efficienti), quelle efficienti, rischiano però di non essere efficaci.
Vedremo. saluti, ag.
Andrea, ti ringrazio per la risposta.
Se ho capito bene ritieni che il deficit sia essenzialmente in ambito politico. O sbaglio ?
Davide
piú che politico io parlerei di deficit istituzionale. Il nostro Paese ha gravi ritardi a livello di statualitá. In altre parole, il potere politico che il nostro Governo é in grado di ricavare dal nostro Paese per usarlo a livello internazionale é nettamente inferiore a quello degli altri Stati.
Ció si deve alla vasta criminalitá al Sud, alla corruzione, all’evasione, etc. fino a fattori meno materiali come il basso patriottismo, etc.
Se il Governo vuole percorrere una strada ma non ha le risorse per farlo, allora deve retrocedere. Il problema dell’Italia sta quindi a monte (statualitá) non a valle (diatribe con la Germania).
aa
Diciamo anche che la nostra classe politica vive di “intermediazione interna”.
Si arricchisce amministrando il consenso e le clientele. Ha pochi incentivi a guardare fuori dai confini.
E’ come il ragazzetto viziato che non deve uscire di casa, lavorare e confrontarsi col mondo perchè tanto i soldini, e tanti, li trova dentro le mura domestiche.
Tutto ciò ha logiche ricadute a livello di cultura strategica ed internazionale delle sue elites.
Uno dei tanti fattori di cui è carente l’Italia è il “culto” della politica estera. Pochi sono stati i ministri degli Esteri rispettosi di questo culto (Fanfani, Moro e Andreotti), e pochi ancora sono i tentativi di far valere le nostre forze in sede internazionale.
Quando l’Amb. Fulci condusse la sua battaglia per il seggio all’Onu lo fece con la convinzione implicita di contrastare le ambizioni della Germania, e non lo fece di certo per rivendicare i nostri sforzi economici e militari.
Credo, tuttavia, che la diatriba tra Italia e Germania abbia radici più radicate. La classe politica italiana si dimostrò contraria all’unificazione della Germania, ed Andreotti fece del suo meglio per condurre l’anacronistica battaglia di contrastare questo processo. Grazie all’appoggio francese, ottenuto mediante il sacrificio del marco tedesco, la Germania riuscì ad unificarsi, costruendo quell’asse Berlino-Parigi dal quale siamo stati estromessi.
La via del direttorio europeo di sapore ottocentesco si è così consolidata a scapito degli interessi nazionali italiani che, trovandosi racchiusi nella morsa franco-tedesca, non posson far altro che sottostare agli umori di queste due potenze.
La nostra estromissione dal gruppo dei 5+1 altro non è che l’ultimo colpo di fucile alle nostre ambizioni.
Alessissimo84